Il ritorno a Trasacco dopo il GFPer lui settemila in piazza

PESCARA. «Guagliò, come è bella Trasacco».

Per sentirlo pronunciare queste parole, la gente di Trasacco aspettò, per ore e ore. Era il 16 gennaio del 2001.

Pietro Taricone era all'apice della sua fama. Da appena un mese era uscito dalla Casa di Cinecittà, dove era stato il protagonista della prima edizione del Grande Fratello. Una settimana prima seduto da solo sul palco del Maurizio Costanzo Show aveva frantumato ogni recod di ascolto calamitando davanti ai televisori dieci milioni di italiani. Ma quella sera, a Trasacco, era la sua prima volta in pubblico. Erano in settemila ad aspettarlo in piazza San Cesidio, nel paese dei suoi genitori, in quella Trasacco dove lui aveva sempre passato le vacanze, quelle estive e quelle di Natale.

Il suo arrivo in paese fu degno di quello di una rock-star, compreso il ritardo (un paio di ore): guardie del corpo in nero a scortarlo nel breve tragitto fra la Suv con cui era arrivato da Roma e il palazzo del Comune dove ad attenderlo c'era il sindaco dell'epoca, Giuseppe Ranelletta, e una pattuglia un po' smandrappata di giornalisti giunti da ogni parte d'Italia e ormai abbastanza stufi di farsi mordere dal gelo del gennaio marsicano. Ma i suoi compaesani erano disposti a perdonargli qualsiasi cosa anche quella bazzecola delle due ore di ritardo. Lo amavano a tal punto da aver fatto coincidere il ritorno del loro Guerriero con il primo giorno dei festeggiamenti di Sant'Antonio Abate, che a Trasacco celebrano anche con grandi mangiate di granturco e salsicce.

Lui, giacchettino scamosciato su gilet nero, jeans dello stesso colore, sfoggiava un'abbronzatura invidiabile, presa recuperando di corsa i tre mesi passati nella casa dei reclusi a farsi scottare solo dagli occhi opachi delle telecamere nascoste.
Nella stanza della giunta comunale in cui avevano attrezzato l'accoglienza, c'era una scrivania da travet con sopra due cartellini dei nomi (il suo e quello del sindaco), alla maniera dei lettori del telegiornale di una volta.

Taricone fece appena in tempo a farsi strada zompettando fra cavi e telecamere in una ressa degna di quel vecchio film di Billy Wilder, «L'asso nella manica», in cui un giornalista cinico e baro (Kirk Douglas) mette su un circo mediatico, uno dei primi, per un uomo intrappolato in una miniera. Appena dentro, il sindaco gli consegnò le chiavi di Trasacco: un enorme, simbolica, chiave di metallo azzurrina, che il Guerriero sollevò con due braccia. «E con queste che ci aprò», chiese Taricone. E il sindaco: «Il paese è piccolo, ma la misura di queste chiavi è pari a quella dell'affetto mostrato nei confronti del nuovo messia televisivo».

Fra le tartine sopravvissute all'attesa e le bottiglie di acqua minerale e vino ancora intatte, in quella piccola bolgia andò in scena il rito della conferenza stampa.

Ma che cosa di sensato si poteva chiedere al Guerriero di Trasacco, che non aveva alcuna intenzione di prende sul serio se stesso, (figurarsi gli altri)?

Prima domanda: chi preferisce, Taricone, tra Berlusconi e Rutelli (era l'anno della sfida elettorale)?
Risposta di Taricone: «Passo. Uè, uagliò, nun scherzamme 'cchi sti ccose. Nun parlamme di ccose politiche. Accà ci stamme a divertì. Nun facimme cazzate».

Seconda domanda: come ha trovato Trasacco?
E lui sfoderando finalmente il suo sorriso: «Bella. Trasacco è proprio bella».

Terza domanda: come va con il sesso dopo la fine del Grande Fratello?
Secondo sorriso che si spegno subito nel sospetto: «E sì, mo' volete sapè 'sta ccosa perché io ero quello che si dava da fare. E' allucinante tutto questo».

E ancora: è vero che vorresti comprarti uno chalet su una spiaggia del Sudamerica?
Lui sempre più guardingo, ma anche un po' annoiato: «E' possibile: stare sulla spiaggia con i ragazzi tutt'intorno che gli racconti tutte le cose».

L'ultima domanda: perché sei arrivato con due ore di ritardo?
Risposta finale del Guerriero: «E che é? Mica solamente le star fanno ritardo. C'era traffico per strada. Poi ci siamo fermati a fare benzina. E mi so' fermato pure dalle mie nonne che non vedevo da tempo. Spero di andarci pure dopo 'sta cosa qua».

E ci andò Taricone, a salutare di nuovo le sue nonne. Ma prima gli toccò il bagno di folla sul palco allestito in piazza San Cesidio. Lì i giocatori della Fucense gli regalarono la maglia rossblù con il numero 100, come i giorni passati nell'acquario televisivo.

Sul palco Pietro cantò le canzoni della tradizione trasaccana accompagnando il coro della Liggiera. E alla fine il saluto. Nel suo stile: «Grazie a tutti. Non so fare nulla. Non so né cantare né ballare. Resto senza parole di fronte a tanto affetto».

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