Infermieri, niente soldi per vestirsi

I giudici ribaltano la sentenza: il tempo impiegato per togliere gli abiti e indossare il camice non va remunerato

L’AQUILA. I giudici di appello non la vedono allo stesso modo dei colleghi di primo grado: il cambio di abiti degli infermieri Asl non va remunerato a parte, ma dev’essere compreso nello stipendio perché rientra nell’attività lavorativa.

È quanto ha stabilito la sentenza emessa dalla Corte d'Appello dell’Aquila che ha dato ragione all’Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila, nell’ambito della controversia legale avviata da 30 infermieri.

I dipendenti in questione rivendicavano, in aggiunta alla normale retribuzione, un pagamento supplementare per il tempo impiegato nella vestizione-svestizione. Una questione non scontata, visto che in tribunale hanno avuto il verdetto favorevole anche se ora è stato cancellato. La sentenza di secondo grado, infatti, ribalta il verdetto del giudice del lavoro risalente al marzo del 2015.

I magistrati hanno anche disposto il pagamento a carico dei ricorrenti delle spese legali. La decisione a favore della Asl da parte della Corte d’Appello dell’Aquila, si innesta nel ricco filone giurisprudenziale che ha caratterizzato, negli ultimi anni, molteplici controversie intraprese in altre realtà sanitarie della regione, come quella di Chieti e più recentemente Pescara: le rispettive Asl hanno perso la battaglia giudiziaria su analoghe rivendicazioni degli infermieri. Ora, però, gli indirizzi giurisprudenziali potrebbero essere diversi anche a livello nazionale.

«La sentenza pronunciata nei giorni scorsi a favore della Asl Abruzzo», dice in proposito l’azienda, «parrebbe destinata a fare giurisprudenza anche in analoghe dispute giudiziarie attualmente pendenti in Italia».

Per i legali dell’Asl è «una sentenza che definisce un aspetto finora molto controverso nel rapporto di lavoro tra infermieri e datore di lavoro pubblico (appunto, la Asl). Il verdetto, riconoscendo il valore delle nostre argomentazioni, stabilisce con chiarezza che il tempo per indossare e dismettere la divisa di lavoro non è qualcosa di altro e diverso, ma fa parte a tutti gli effetti della prestazione di lavoro. Pertanto il cosiddetto “tempo-tuta”», concludono i legali dell’Azienda sanitaria, «comincia a essere remunerato con la timbratura d’ingresso fino alla seconda timbratura con cui si conclude il turno lavorativo». Non è detto che la controversia finisca qui. Non si esclude che i ricorrenti, una volta esaminate le motivazioni, decidano di andare anche davanti alla Cassazione, ma non prima di aver esaminato le precedenti sentenze in tema della Suprema Corte.

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