pratola peligna
«Ingiusto fermare tutte le attività»
Il sindaco scrive a Conte: «Deve chiudere solo chi viola le regole»
PRATOLA PELIGNA. Il sindaco di Pratola Peligna Antonella Di Nino non ha mai preso posizione circa i vari decreti emanati dal governo sulle varie misure restrittive di contenimento del contagio da Covid. L’ultimo, però, che torna a colpire locali, bar, ristoranti, palestre e cinema, scatena la reazione del primo cittadino, che ha scritto al premier Giuseppe Conte. «Da me non è mai arrivata una parola fuori posto verso nessuno perché affrontare una pandemia credo che sia quanto di più difficile ci sia, ad ogni livello», premette Di Nino, «però non riesco a non stigmatizzare l’ultimo suo Dpcm. Certamente lo rispetterò, come sempre. Ma quanta ingiustizia c’è verso alcune attività che a stento avevano provato a riprendersi investendo tantissimo in misure di prevenzione e sicurezza. Sono entrata in questi ultimi mesi in ristoranti che avevano regolarmente i registri compilati, che misuravano la febbre, che avevano molti meno tavoli e tutti distanziati, che rifiutavano prenotazioni perché si sono attenuti alle regole, che avevano igienizzanti ovunque. E lo stesso nei bar e nelle pasticcerie. Andavano chiusi i locali che non si erano adeguati».
Secondo il sindaco «il sistema sanzionatorio andava inasprito verso chi ha messo a rischio salute ed economia», aggiunge Di Nino, «per non parlare delle palestre che hanno reiniziato a lavorare in massima sicurezza cercando di far fronte a qualche sporadico cliente che non voleva adattarsi e che non hanno esitato a mandare via. Così anche per i teatri e le sale cinema e giochi dove dietro c’è un mondo di lavoratori. Da queste attività raccolgo il grido di dolore, non più d’allarme». (f.p.)
Secondo il sindaco «il sistema sanzionatorio andava inasprito verso chi ha messo a rischio salute ed economia», aggiunge Di Nino, «per non parlare delle palestre che hanno reiniziato a lavorare in massima sicurezza cercando di far fronte a qualche sporadico cliente che non voleva adattarsi e che non hanno esitato a mandare via. Così anche per i teatri e le sale cinema e giochi dove dietro c’è un mondo di lavoratori. Da queste attività raccolgo il grido di dolore, non più d’allarme». (f.p.)