Intitolate aule del Cotugno a tre giovani vittime

7 Aprile 2014

Toccante cerimonia organizzata in occasione del quinto anniversario del sisma Cinque (Fondazione 6 aprile): «Morire di terremoto oggi è inconcepibile»

L’AQUILA. Dare valore al dolore, guardando nei loro occhi. Un dolore che i familiari delle vittime del terremoto hanno saputo trasformare in forza.

Un dolore che, con le parole dell’arcivescovo metropolita Giuseppe Petrocchi, «allarga il diametro del cuore e dona così la capacità di compiere un bene straordinario».

Nel quinto anniversario del sisma, la Fondazione 6 aprile per la Vita, per la giornata della memoria in onore dei 309 Angeli volati in cielo, ha dato forza al dolore, dialogando con i giovani.

Lo ha fatto dentro una scuola, l’istituto superiore «Domenico Cotugno», gremito di ragazzi e dove ora sono tornati anche i compagni che da quella notte non si sono più svegliati. Filippo Maria Bruno frequentava il liceo Classico, Patrizia Fabaro il liceo socio-psico-pedagogico e Maria Paola Parisse il liceo Linguistico: da ieri ogni studente che entrerà nella biblioteca, nella palestra e nel laboratorio linguistico leggerà i loro nomi e sarà come averli ancora lì, in quelle aule dove si diventa grandi e ci si prepara ad affrontare il futuro. La manifestazione, dal titolo emblematico («E se si potesse non morire di terremoto?»), è stata aperta dall’intervento del presidente della fondazione Massimo Cinque e dal saluto dell’arcivescovo Giuseppe Petrocchi.

«Morire di terremoto, oggi», ha sottolineato il presidente Cinque, «non è concepibile. Si muore per cupidigia, per bramosia, per sete di denaro e di potere. I nostri 309 Angeli hanno pagato per colpe altrui. La fondazione è nata per instillare la cultura della prevenzione e per il secondo anno abbiamo deciso di dare voce ai giovani, che rappresentano il presente e il futuro di questa città».

L’arcivescovo Petrocchi si è rivolto in particolare ai genitori segnati dal dolore più grande, la perdita di un figlio. E li ha incoraggiati a «fare in modo che lo spazio apparentemente vuoto lasciato dentro di voi diventi accoglienza verso gli altri».

Poi il dirigente scolastico del «Cotugno» Angelo Mancini, visibilmente commosso, ha ricordato il ruolo fondamentale svolto dalle scuole nel difficile, ma indispensabile, ritorno alla normalità in un territorio devastato dal sisma.

«C’è una grande forza, siamo tutti noi, nessuno è solo», il messaggio lanciato ai suoi coetanei dalla giovane Gaia. Dopo la toccante intitolazione degli spazi del liceo ai tre ragazzi scomparsi, nell’aula magna sono stati proiettati il cortometraggio di Alessio Colella «Il silenzio dell’Aquila», e il video realizzato dagli studenti del Classico, che hanno dato il via al dibattito, molto sentito e ricco di spunti, sollecitato dalla vicepresidente della fondazione Renza Bucci e dal consigliere comunale Vincenzo Vittorini.

In chiusura ancora tanta commozione, con il concerto degli allievi del conservatorio Casella. «Il nostro sarà probabilmente un granello di sabbia nel deserto», questa la conclusione della Fondazione 6 aprile per la Vita, «ma vogliamo contribuire affinché altri granelli di sabbia possano poggiarsi con fiducia sul nostro».

Romana Scopano

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