L'Aquila, dipendenti maleducati: rabbia della Cgil contro Cialente

Innocenzi (Funzione pubblica): "Il richiamo collettivo del sindaco ha una natura diffamatoria"

L’AQUILA. «È ora di smetterla con gli attacchi generalizzati ai dipendenti del Comune. Se un dipendente commette un’infrazione il dirigente proceda pure con la contestazione e si assuma le sue responsabilità come, del resto, avviene in tutti i luoghi di lavoro normali ma a nessuno è consentito di formulare richiami collettivi che hanno il sapore di una azione diffamatoria». Le accuse del sindaco per comportamenti sgarbati da parte di alcuni dipendenti, hanno indotto le relazioni dei sindacati. Ieri è stata la volta della Uil e ora della Cgil. «Già all’interno di una delibera di gennaio 2014 inerente il Piano anticorruzione», si legge in una nota di Rita Innocenzi, «la giunta comunale si era spinta fino a scrivere che i fatti che avevano interessato la città dell’Aquila (inchiesta “do ut des”) imponevano di dare accelerazione alla rotazione del personale, una tesi che aveva offeso tutti considerato che la rotazione è, invece, una misura in atto in tutte le amministrazioni secondo quanto previsto dalla legge. In questo Paese, purtroppo, si tende a mistificare la realtà e da tempo si procede secondo il motto divide et impera fomentando pensionati al minimo, cassaintegrati, disoccupati, lavoratori delle aziende private che non riescono ad arrivare a fine mese ossia cittadini colpiti dai morsi della crisi esasperati dalle difficoltà quotidiane, ebbene si agisce spingendo costoro contro altri cittadini, altri deboli che sono quelli che si trovano dietro agli sportelli degli uffici pubblici. In tal modo le ire si rivolgono ai propri simili e nessuno chiede riscontro a chi ha la responsabilità politica di far funzionare l’intera macchina amministrativa che è fatta di sedi, mezzi, strumenti, persone. Il dramma di questa città è che manca il necessario livello di coesione che, invece, rappresenta uno dei principali ingredienti per ricostruirla. Quando si interviene pubblicamente nei convegni e in altre iniziative e si parla di ricostruzione fisica sociale ed economica ci si dimentica sempre di quella filiera che è fatta di persone che lavorano, quotidianamente, nella complessa realizzazione di queste azioni. Avere rispetto da parte dell’amministrazione e rammentare il lavoro svolto all’indomani di quel 6 aprile 2009 in condizioni drammatiche sarebbe dovuto e, questo sì, un segnale di buona educazione».

Il gioco delle parti prosegue con una controreplica di Cialente. «Vi sembra giusto», afferma, «che per la scortesia di qualcuno tutto il lavoro che facciamo, anche per lealtà nei confronti del nostro ente, venga vanificato? Che per colpa di uno, poi noi siamo costretti ad assicurare le 17 azioni positive per risalire la china? No, non è giusto. Ne va della nostra dignità, ma soprattutto della dignità dell’ente per il quale lavoriamo. Tra l’altro, ricordiamoci sempre che sono i Comuni, in Italia, le prime articolazioni dello Stato alle quali i cittadini si rivolgono, in ogni fase della vita, dalla nascita sino alla fine. Ecco allora il mio appello. Difendiamo la dignità e l’immagine della nostra istituzione, il Comune e la dignità del nostro lavoro e delle nostre quotidiane fatiche; riprendiamo chi sbaglia e ci arreca offesa. Difendiamo l’orgoglio di essere quelli che combattono in prima linea».

©RIPRODUZIONE RISERVATA