lo stop da Parigi

L'Aquila, Perdonanza-Unesco, la partita si riapre: verdetto a fine 2017

La nuova candidatura verrà rilanciata entro il 22 gennaio. Il Comitato svela i retroscena della bocciatura in Namibia, tra obiezioni notificate in extremis, l'intervento negativo del Belgio e l'astensione della Grecia

L’AQUILA. Tentare di capire come sia andata in Namibia , nei giorni in cui è stata valutata la candidatura della Perdonanza all’iscrizione nella lista dei Beni immateriali a patrimonio dell’Umanità, è come districarsi in una sorta di “spy story” tra giochi diplomatici e passaggi burocratici macchinosi. E capire come è andata serve ora a guardare avanti, al prossimo step. Nel disporre il rinvio della candidatura, il Comitato intergovernativo che fa capo all’Unesco ha invitato l’Italia a ripresentare un nuovo dossier per il prossimo ciclo di valutazione, il cui iter si concluderà nel novembre del 2017. Il cronoprogramma è piuttosto rigido e prevede dei passaggi a stretto giro.

Entro il 22 gennaio la commissione Unesco Italia e gli uffici ministeriali competenti (Mibact e Affari Esteri) sono chiamati a valutare la possibilità di rimettere in campo le istanze per la Perdonanza. Una nuova candidatura che avrebbe forza solo se l’Italia si presenterà all’appuntamento con un solo evento. Per carità, il Comitato promotore della candidatura aquilana, guidato da Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, ha già incassato il sostegno da parte di Anna Pasqua Recchia, segretario generale del Ministero, ma la strada è lunga. A fotografare lo stato dell’arte sono stati lo stesso professor Sabatini, insieme a Maria Teresa Letta e Walter Capezzali, rispettivamente vicepresidente e membro del comitato promotore, il sindaco Massimo Cialente e l’autore del dossier, Ernesto Di Renzo.

COME È ANDATA. Alla base del rinvio della candidatura ci sono dinamiche legate non tanto ai contenuti del dossier, quanto ai protocolli utilizzati dagli organismi internazionali. Di Renzo, unico tra i presenti che ha fatto parte della delegazione italiana in Namibia, ha provato a far chiarezza. «Il dossier» ha spiegato «dovrà essere rivisto in alcune sue parti secondo le nuove indicazioni date dall’Unesco. Si tratta di parti che non sono state ritenute sufficienti a motivare l’iscrizione non perché il dossier fosse stato redatto in modo superficiale o incompleto ma perché, nel frattempo, erano passati tre anni dalla sua presentazione e in questo lasso di tempo l’Unesco ha rivisto le procedure e la modulistica».

LE OSSERVAZIONI. Il primo intoppo era arrivato alla fine del 2014, il comitato aveva ricevuto l’invito a rivedere alcuni parametri. Le cose sono poi filate lisce fino al novembre 2015, quando l’Evaluation Body incaricato di fare la valutazione finale, ha mosso due rilievi inediti resi noti solo a una settimana dalla riunione in Namibia. Le osservazioni riguardavano la presunta scarsa illustrazione di due dei cinque requisiti richiesti per il riconoscimento della candidatura: R2 (contributo della Perdonanza al “dialogo, alla promozione e al rispetto per la diversità culturale e la creatività umana” - contenuti peraltro espressi molto bene altrove); e R5 (procedimento di inventariazione non sufficientemente condiviso con le Comunità detentrici del bene immateriale). In un parterre di 24 Paesi votanti, l’Italia ha individuato nei rappresentanti della Turchia e della Grecia i due avallanti delle istanze delle motivazioni che avrebbero dovuto portare al superamento delle criticità individuate. La nostra delegazione ha anche trovato una solidarietà da parte di molti Paesi musulmani, tutt’altro che ostili alla candidatura della Perdonanza, ma la posizione della Grecia, tutt’altro che lineare, ha permesso al Belgio di affondare la proposta con un inatteso intervento «distruttivo» contro il dossier. Alla fine la Grecia si è astenuta e la proposta non è passata per un solo voto.

Fabio Iuliano

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