L'Aquila, processo Grandi rischiGabrielli difende la protezione civile

Grandi Rischi, l'ex prefetto dell'Aquila attacca enti locali e stampa

L'AQUILA. Ha preso di mira i giornali e attaccato gli enti locali il capo della Protezione civile ed ex prefetto dell'Aquila, Franco Gabrielli, chiamato a deporre nel processo ai sette componenti della commissione Grandi Rischi accusati di omicidio colposo plurimo. Gabrielli, testimone a discarico degli imputati, ha difeso l'operato di commissione e dipartimento della Protezione civile suscitando le ire delle parti civili che hanno individuato nelle sue parole un modo per indirizzare altrove le responsabilità della tragedia aquilana dimenticando, come essi hanno fatto notare, che gli imputati sono altri.

Come esempio sulle sue critiche all'informazione, ha citato lo sciame in Calabria. «In questo periodo» ha spiegato «è lo sciame più intenso e sta andando avanti da tempo in territorio sismico. Un giorno è uscito un articolo intitolato "Qui come all'Aquila", in cui un esperto diceva che stava arrivando un forte sisma nella zona di Castrovillari. Abbiamo contattato questo professore il quale ci ha spiegato di non aver mai detto questo».

Ma poi il capo della Protezione civile ha preso di mira anche il nostro giornale.

«Riportò le dichiarazioni di Bernardo De Bernardinis» ha detto «come fossero all'esito della riunione della commissione e non prima come era corretto. Una veicolazione di questo genere ha un effetto perverso».

Poco dopo ha attaccato anche il sindaco Massimo Cialente precisando che è proprio il primo cittadino ad avere un ruolo decisivo in tema di protezione civile. «La prevenzione spetta a lui», ha affermato, «da Roma come faccio a conoscere le criticità degli edifici».

Lo stesso Gabrielli ha tenuto a precisare, e qui nessuno ha mosso contestazioni, che ci sono molti Comuni che non hanno un piano di protezione civile e che comunque, pure se esiste, è necessario che i cittadini lo conoscano bene altrimenti non funziona.

Approfondendo poi l'argomento legato a un'ipotesi di prevenzione estesa e significativa affidata alla Protezione Civile, Gabrielli ha detto: «Non ci sono gli strumenti e neanche la possibilità di incidere effettivamente. Non posso dire ai vigili del fuoco di andare, ad esempio, sul Pollino per intensificare la prevenzione dello sciame sismico se poi devo gestire anche le alluvioni in tutta Italia, e gli uomini sono sempre quelli. Questa è la fotografia del sistema che io dirigo».

Gabrielli è stato interrogato, in particolare, dall'avvocato Filippo Dinacci, difensore di Bernardo De Bernardinis, componente della Commissione e all'epoca vice capo della Protezione civile.

Gabrielli, elogiandolo, ha ricordato di averlo conosciuto il 7 aprile 2009 all'indomani del suo insediamento come prefetto dell'Aquila.

L'ex prefetto ha snocciolato poi i dati sugli sciami sismici che si susseguono in Italia da quando è nominato successore di Guido Bertolaso: sono stati 29, 14 ancora in atto, 13 con oltre 100 scosse, 2 con un numero di scosse superiore a mille. Tra gli sciami, 15 hanno avuto scosse con magnitudo maggiore o uguale a 3.5. Ci sono stati poi altri 12 eventi singoli con magnitudo superiore a 3.5. «Tanto per avere un termine di paragone» ha detto, rivolgendosi al giudice Marco Billi «sono andato a vedere lo sciame dell'Aquila: dall'inizio al 31 marzo sono state circa 250».

Anche ieri è risuonato in aula il nome del tecnico del radon, Giampaolo Giuliani. Gabrielli rispondendo a una domanda dell'avvocato di parte civile Angelo Colagrande ha anche dichiarato che «nella veste di prefetto il sindaco Cialente mi riferì che dopo la scossa delle 23 (prima di quella distruttiva delle 3.32) chiamò Giuliani e fu da lui rassicurato». Ma Colagrande lo smentisce ribadendo, tra le altre cose, che Giuliani è stato assolto dall'accusa di procurato allarme. Colagrande ha aggiunto, infine, che verrà fatto il possibile affinchè Giuliani sia sentito come teste. Questi infine gli imputati: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, e Mauro Dolce. (g.g.)

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