L'Aquila, processo sul crollo del ConvittoGiudice rimprovera testimoni "smemorati"

Il magistrato: dovete essere più precisi, ci sono delle morti che attendono giustizia

L'AQUILA. «Quando dovrò decidere su questo processo so che non dormirò e questo in verità già mi accade quando ci sono udienze sui crolli». Lo ha detto il giudice, Giuseppe Grieco, strigliando alcuni testimoni «impreparati» nel processo sul crollo del Convitto.

Ieri, infatti, si è celebrata l'ennesima udienza del processo per la morte di tre convittori minorenni: Luigi Cellini, 15 anni, di Trasacco e due stranieri Ondreiy Nouzovsky, 17 anni, e Marta Zelena. Sotto accusa, per omicidio colposo e lesioni, il preside del Convitto, Livio Bearzi, e il dirigente provinciale, Vincenzo Mazzotta, imputati per omicidio colposo e lesioni colpose. A provocare nel magistrato l'inatteso sfogo l'aver constato l'impreparazione di due testimoni che, chiamati dalla difesa, nei passaggi più importanti della loro testimonianza hanno tentennato nelle risposte, accompagnate dai diversi «non ricordo» oppure «è passato molto tempo». Si trattava di due geometri che per conto di Collabora Engineering avevano partecipato nel 2004 alla redazione delle schede sulla vulnerabilità sismica dell'edificio oggetto del dibattimento.

L'ammissione da parte dei due testi di non essere riusciti a reperire le carte da loro stessi redatte, ha mandato su tutte le furie il giudice: «Voi avete un obbligo morale, non si può essere incerti» ha detto il giudice ai due testimoni «lo dovete a me perché dovrò prendere una decisione importante e questo mi porterà a non dormire il giorno in cui dovrò decidere. E' anche una forma di rispetto per le vittime di questo crollo, ci vuole serietà, un testimone tecnico non può avere indecisioni. Dovevate essere come orologi svizzeri. Ci sono morti che attendono giustizia, lo capite?».

Ci sono state, comunque, delle testimonianze importanti: l'ingegnere Francesco Bonanni, dirigente provinciale, ha raccontato delle difficoltà di reperimento delle somme necessarie per poter effettuare sul plesso scolastico i lavori di messa in sicurezza. Bonanni ha infine scagionato, dal proprio punto di vista, le contestazioni che l'accusa ha mosso all'imputato Vincenzo Mazzotta. «Non poteva disporre lui i lavori di consolidamento visto che la legge prevede che a farli sia l'ente titolare del manufatto: ovvero il Convitto».

Interessante anche quanto detto da Evandro Di Francesco, ex capo area del settore edilizia scolastica della Provincia, il quale senza mezzi termini ha parlato della necessità di realizzare nel plesso scolastico fondazioni nuove. «Il Convitto», ha detto, «aveva sotto un'armeria, e giù c'era il vuoto assoluto, occorreva un importante consolidamento statico, la struttura era precaria». Egli aveva più volte segnalato ai vigili del fuoco i problemi strutturali.

L'udienza di ieri ha visto sfilare oltre ai tecnici anche due educatori dell'istituto: Luigi Pontecorvi e Giancarlo Sfarra. Entrambi i testimoni della difesa, hanno evidenziato di non aver mai riscontrato crepe e lesioni nell'edificio ma solo una piccola infiltrazione di acqua nel corridoio. Sfarra ha raccontato dal canto suo anche della caduta di alcuni piccoli pezzi di intonaco.

Anche Gianfranco Falasca, geometra che per conto di Collabora Engineering aveva avuto il compito di redigere una scheda sul rispetto della legge sulla sicurezza negli ambienti di lavoro dell'edificio, ha raccontato di non aver notato alcuna crepa. Ma si trattava, ovviamente, solo di valutazioni esterne. Oggi riprende il processo con altri testimoni dell'accusa.

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