La burocrazia frena la ricostruzione: proteste a Bazzano 

Una famiglia attende dal 2009 il rifacimento della sua casa Ma l’aggregato non ha ancora il permesso per i restauri 

L’AQUILA. Un nuovo grido di allarme arriva dalle frazioni del Comune dell’Aquila sul fronte della ricostruzione. Questa volta la “protesta” giunge da Bazzano dove una signora che dal 2009 abita nel Piano Case attende da quasi 13 anni che la sua abitazione sia ricostruita. La casa si trova a due passi dalla storica chiesa di Santa Giusta nel cuore del paese. È compresa in un aggregato (si tratta di una prima casa) che non ha ancora ottenuto l’agognato permesso a costruire che dovrebbe essere rilasciato dal Comune. La storia di questo aggregato non è molto diversa da quella di tanti altri delle frazioni dove, per ottenere il permesso, bisogna rifare l’esatta “storia” della singola abitazione. La normativa è molto complessa, una sorta di labirinto del quale si conosce l’entrata, ma non l’uscita.
LEGGE del 1942
C’è un punto fermo: la legge urbanistica del 16 ottobre del 1942 che istituisce la cosiddetta conformità edilizia per gli immobili ricadenti, a tale data, all’interno dei centri abitati. In soldoni chi ricostruisce oggi deve dimostrare che l’abitazione crollata o danneggiata dal sisma del 6 aprile del 2009 ha i “titoli” edilizi in regola a partire dal 1942. Nel tempo la conformità edilizia, col nobile scopo di frenare l’abusivismo, è diventata la “doppia conformità”. Prima di ricostruire bisogna fornire le prove che in origine la casa era stata realizzata regolarmente e se nel tempo ci sono state modifiche bisogna dimostrare che tali modifiche non siano degli abusi e questo sia nel caso di piccoli abusi (per esempio l’aggiunta di una porta, di una finestra, di un balcone o del tetto rialzato di 20 centimetri per inserire un cordolo) sia nel caso di grandi abusi (aggiunta di vani da decine di metri quadrati). Il Comune infatti quando manda il preannuncio di diniego del permesso a costruire (con le contestazioni) fa riferimento a una legge del 2001 e in particolare all’articolo 9 bis che è stato poi inserito nel Decreto semplificazioni del settembre 2020. Non solo. Nel Decreto all’articolo 9 bis è stato aggiunto il comma 1 bis riferito in particolare agli «interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e al mantenimento delle distanze preesistenti». Il Comune applica quindi anche il comma 1 bis che recita: «Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali». Quindi basta un piccolo abuso in uno degli edifici dell’aggregato per bloccare tutto il complesso. Il progetto a quel punto va ripresentato e la pratica torna all’ultimo posto fra quelle da esaminare. Nell’ultima legge di bilancio la senatrice Stefania Pezzopane ha fatto inserire un emendamento che ridimensiona la doppia conformità e la cosa dovrebbe sveltire le pratiche nel caso di piccoli abusi. Il Comune ora dovrebbe recepirlo.
LA PROTESTA A BAZZANO
Secondo i dati disponibili sul sito dell’Ufficio speciale (Usra) a Bazzano la ricostruzione dovrebbe essere a circa la metà. I pareri emessi sono 93 con 313 unità immobiliari interessate. L’importo complessivo dei 93 pareri è di 70 milioni, dei quali 33 già concessi. In questo ginepraio di numeri c’è chi guarda ai fatti e soprattutto vorrebbe tornare a casa al più presto. «Abitavo a Bazzano, mio marito è deceduto 3 mesi fa senza poter tornare a casa dopo quasi 13 anni. Ci sono famiglie che ancora non riescono a riavere la propria abitazione per la burocrazia, l’irresponsabilità, il continuo scaricabarile» scrive Anna Rita Ferrante in De Paulis. «Ci sono seconde case già ricostruite, ma chiuse, e prime case in cui ancora non si riesce a rientrare. Io e la mia famiglia purtroppo ci troviamo a dover vivere da 13 anni, ripeto 13 anni, in un appartamento del Progetto Case dove adesso la vita è diventata impossibile».
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