La grande emozione degli ultimi tedofori: «È indimenticabile» 

Hanno portato la fiaccola del Fuoco del Morrone nel finale: «In migliaia davanti a noi. Che bello veder crescere l’evento»

L’AQUILA. «Salire su quel palco e intravedere fra le luci migliaia di persone nel parterre di Collemaggio mi ha trasmesso un’emozione che ricorderò per sempre. E dire che, avendo lavorato con gli allestimenti per Vasco Rossi, di gente sotto a un palco ne avevo vista e pure tanta». Italo Ettorre è ancora emozionato per aver passato mercoledì la fiaccola col Fuoco del Morrone nelle mani del sindaco Pierluigi Biondi per l’accensione del braciere che ha dato il via alla 729ª Perdonanza Celestiniana, avvenuta alle 21.30 in punto davanti alla basilica di Collemaggio, in un momento che ha segnato il passaggio di transizione dalla cerimonia protocollare all’evento serale scritto da Leonardo De Amicis “Un canto per la rinascita”.
Quando vivi un’esperienza del genere è anche difficile raccontare quello che provi. Un’esperienza analoga, vissuta 40 anni fa, nella prima Perdonanza dell’era moderna. Ettorre, oggi 53enne, all’epoca 13enne, fu anche allora l’ultimo tedoforo. Passò la fiaccola nelle mani di padre Quirino Salomone, guida spirituale del Movimento Celestiniano che già quattro anni prima, su ispirazione di “pionieri” come Floro Panti, cultore e podista, aveva avviato la tradizione del Fuoco del Morrone. «Oggi vivo a Perugia in pianta stabile e lavoro come imprenditore», racconta Ettorre. «Ma sono sempre tornato all’Aquila, dove vive ancora la mia famiglia. Non mi era più capitato, invece, di rivivere la Perdonanza in una maniera così intensa. Che bello sfilare da piazza Palazzo sino a Collemaggio, camminando lentamente lungo il corso tra due ali di figuranti del gruppo storico o tra migliaia di curiosi che hanno accompagnato il nostro cammino. E poi che bella festa sul piazzale, tra luci, fiaccole, parole e musica, con un allestimento veramente notevole con lo sfondo della basilica, qualcosa di magico». Ettorre ha chiesto e ottenuto di sfilare con suo figlio Matteo di 9 anni. «Per me è stato come un passaggio generazionale a cui non volevo rinunciare», continua. «Ho insistito tanto affinché mio figlio vivesse la cerimonia con i miei stessi occhi».
Una storia particolare quella di Ettorre, andato via dall’Aquila alla fine degli anni Novanta. «Il legame con la città non si è mai affievolito», spiega, «e la notte del terremoto sono scappato subito qui, non appena mio fratello mi ha detto quello che era successo». Quella notte maledetta ebbe anche un grande presentimento. «Mi svegliai di soprassalto nella notte in preda all’angoscia», ricorda, «era l’una, mi dissero che nel sonno stavo parlando di persone morte. Poco più di due ore dopo la scossa con le sue tragiche conseguenze».
Quella di mercoledì è stata una serata magica anche per Tullio de Rubeis, nipote di “Don Tullio”, il sindaco che fu promotore della Perdonanza moderna con il corteo della Bolla. «Sono felicissimo di essere stato coinvolto in questa iniziativa», commenta anche lui. «Quale onore rappresentare la tradizione di famiglia e, soprattutto, quanto è stato bello vederla crescere anno dopo anno, da quello che era la Perdonanza all’inizio ai riconoscimenti internazionali, tra cui il patrimonio immateriale dell’Unesco. Mio nonno sarebbe fiero di quello che è diventata oggi la sua intuizione».
Anche per de Rubeis, ingegnere 38enne, è stato bello e significativo sfilare tra la gente che ha affollato il piazzale di Collemaggio. «Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza l’impegno di Floro Panti», sottolinea, «vera anima del Fuoco del Morrone grazie anche all’impegno che annualmente mette in questa iniziativa, oltre a un’inestimabile bagaglio di conoscenze che vengono tramandate attraverso le iniziative che porta avanti».
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