Speciale sul terremoto alla radio Vaticana

Petrocchi: L’Aquila deve risorgere

Per l’arcivescovo bisogna ridare vita alla comunità ancora lacerata

L’AQUILA. «L’Aquila porta nella sua fisionomia sociale e urbana i segni della distruzione che ha subìto a causa di un sisma terribile che l’ha colpita sei anni fa». Così l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi alla Radio Vaticana, in uno speciale dedicato al sesto anniversario del terremoto.

«Sappiamo che Gesù, il Verbo che si è fatto carne, entrando nella storia ha assunto su di sé ogni condizione umana. Tutta la sofferenza che percorre il viaggio dell’umanità nel tempo», ha aggiunto l’arcivescovo, «è fatta propria dal Figlio di Dio ed è riscattata, resa sorgente di vita. Dunque anche le ferite che L’Aquila porta ben impresse nel suo tessuto architettonico, ma anche nel suo vissuto comunitario, tutto ciò che porta il segno di una sofferenza, è già parte viva della Croce di Cristo e quindi proiettata verso la risurrezione. È importante avvicinare il dramma che questa città ha vissuto con queste certezze che derivano dal Vangelo».

Per l’arcivescovo «L’Aquila non ha bisogno solo di una ricostruzione muraria. Non bastano le opere che riedificano i suoi monumenti e il suo tessuto storico, i suoi edifici. Restituire all’Aquila questa sua reintegrazione di tipo architettonico non è sufficiente per far rivivere la città: L’Aquila deve risorgere. L’anima di questa città ha subìto frammentazioni e lacerazioni. Ancora oggi circa 15mila abitanti sono fuori dalle loro case. Si può immaginare lo sconvolgimento che queste nuove condizioni hanno provocato. Bisogna ridare vita a questa comunità, anzi cogliere, proprio dalla sofferenza che l’ha provata, la fonte per una pienezza maggiore. Dico sempre che L’Aquila che verrà, se saprà risorgere nell’incontro con il Signore, sarà più bella e più capace di esprimere i valori cristiani e umani. Noi chiediamo al Signore Gesù non soltanto che si possano ricucire gli strappi provocati dal terremoto, non solo che le sofferenze causate dalla morte di 309 persone possano esser aperte alla consolazione: chiediamo che da questa Croce collettiva e personale possa scaturire un’interezza e una profondità che meravigliano e che possano davvero fare dell’Aquila una città posta sul monte».

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