Picchia la madre per avere soldi: arrestato 

Nei guai un giovane di Chieti accusato anche di una serie di vessazioni e minacce che si sono protratte nel tempo

L’AQUILA. Un intervento della polizia ha evitato che una situazione familiare, già di per se difficile, potesse degenerare verso esiti davvero gravi. Un copione che si sta ripetendo con frequenza intollerabile anche in città.
Questi i fatti: un giovane originario di Chieti, ma residente all’Aquila ormai da parecchio tempo, è stato arrestato con l’accusa di aver picchiato la madre per farsi dare dei soldi e spenderli a suo uso e consumo.
Più in particolare il giovane, del quale non possiamo fornire l’identità per una legge a tutela della riservatezza della parte lesa, si sarebbe reso responsabile di continue vessazioni nei riguardi della donna: ingiurie, minacce di morte e aggressioni fisiche con l’unico scopo di ottenere denaro da spendere per le sue esigenze.
L’operazione di polizia si è conclusa con un arresto ma arrivarci non è stato semplice.
Questo, infatti, è stato possibile solo dopo una lunga ricostruzione dei fatti arricchendo l’istruttoria non solo con le dichiarazioni della madre ma anche con il supporto di osservazioni e testimonianze obiettive che hanno indotto il giudice a firmare l’arresto.
Il reato contestato, del resto, è maltrattamenti in famiglia che non è semplice dimostrare: infatti i maltrattamenti in famiglia sussistono solo quando le vessazioni e umiliazioni nei confronti della persona offesa abbiano il requisito dell'abitualità tale da far degenerare il rapporto familiare in una convivenza particolarmente dolorosa e intollerabile che ingeneri nella vittima un stato di duratura sofferenza e prostrazione. Insomma la sistematicità del comportamento è decisiva.
«Tutta l’operazione», questo il commento della Questura, «è frutto di una mirata attività di controllo del territorio che, nonostante i rilevanti sforzi quotidianamente profusi per tutelare la popolazione dal contagio Covid, non sono mai stati messi in secondo piano».
Del resto gli episodi come maltrattamenti in famiglia e atti persecutori, maturati sempre in simili contesti, sono aumentati anche in città come inevitabile conseguenza del lockdown, isolamento che ne ha posto le basi.
L’indagato sarà ascoltato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale cui dovrà rendere conto delle contestazioni.
In astratto la pena che rischia il giovane chietino in caso di condanna oscilla tra 3 e sette anni di reclusione.
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