Quella squadra di quartiere che ha battuto il capoluogo 

Le birre da Giaggione e tanto orgoglio gialloblù per dare un dispiacere all’Aquila Cotturone: «Soddisfazione incredibile, la nostra è una storia di piccoli passi»

AVEZZANO. La storia di Davide e Golia si ripete. E questa volta trova applicazione pratica su un campo di calcio di periferia, quello di Canistro, dove il piccolo Pucetta si trova ad affrontare un gigante che si chiama L’Aquila. Niente iperboli, per carità, perché stiamo parlando pur sempre di una partita di calcio del campionato di Promozione abruzzese (Girone A), ma quando di mezzo ci sono i rossoblù del capoluogo, ai marsicani viene spontaneo scomodare anche la storia. Proprio così, perché Borgo Angizia, Pucetta per gli avezzanesi, non è altro che un quartiere di Avezzano, una zona dove la vita è ancora a misura d’uomo.
In questo rione, lo spirito di appartenenza al territorio è molto accentuato e domenica se ne sono accorti anche i giocatori dell’Aquila, sconfitti per 3-2 da un avversario che nella circostanza ha toccato la punta più elevata della propria storia sportiva.
Perché Pucetta? Lo spiega lo storico avezzanese Giovanbattista Pitoni: «Sono in molti a ritenere che Pucetta possa derivare da pulce, o puce in dialetto, perché già prima del terremoto c’era una piccola borgata abitata da povera gente in casupole fatte di paglia e argilla. Ma la corruzione del termine operata dal tempo ha portato anche al termine Focetta, come riportato dal demologo Giuseppe Pennazza in un volumetto dal titolo Piccola foce, ossia focetta».
L’orgoglio di Roberto Cotturone, fondatore del team e attuale responsabile del settore giovanile del Pucetta: «Una soddisfazione incredibile, frutto anche di una politica dei piccoli passi che sta dando bei risultati». Ma come si erano preparati a questo appuntamento in casa gialloblù? Cotturone spiega con una naturalezza disarmante: «Non abbiamo fatto nulla di diverso rispetto alle altre volte, semplicemente perché è bastato il nome dell’avversario per caricare al punto giusto i ragazzi che in campo hanno sputato l’anima, fino a ottenere un risultato di prestigio che gratifica la squadra ma anche l’intero quartiere». Le emozioni di questi 90’ di calcio: «All’inizio con un po’ di timore, ma sono bastati pochi minuti per intuire che avremmo potuto dire la nostra. E alla fine il risultato ci ha dato ragione».
E poi, come sempre accade al termine di ogni gara casalinga, il ritrovo al bar “Il Gaucho” (meglio noto come Giaggione), punto di riferimento di tutti gli sportivi, ma anche di quei dirigenti come Gianluca Cotturone (fratello di Roberto), che pur non ricoprendo cariche ufficiali, contribuisce in maniera fattiva alla crescita del movimento: «Il rammarico più grande è stata l’assenza del pubblico, perché un evento del genere bisognava condividerlo con tutti, ma sappiamo qual è la situazione degli impianti nella Marsica. E allora il dispiacere di non aver potuto far partecipare alla festa i nostri tifosi quasi mitiga la soddisfazione per una storica vittoria».
I tifosi del Pucetta gongolano. Per tutti parla Emiliano Crisigiovanni. «È stata una grande emozione», ammette, «non immaginavamo che un piccolo quartiere potesse battere la squadra che ha i favori del pronostico e che rappresenta il capoluogo. È una favola. La squadra è nata quasi per gioco ma nelle ultime stagioni ha cercato di creare qualcosa di importante. Dispiace solo che la gara è stata giocata a porte chiuse, visto che queste partite non capitano tutti i giorni. I calciatori hanno dimostrato attaccamento alla maglia. Siamo orgogliosi, un ricordo che rimarrà negli annali».
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