Sisma L'Aquila, processo commisione Grandi Rischi La rabbia degli studenti: traditi dalle rassicurazioni

Le testimonianze dei ragazzi sopravvisuti nella Casa dello studente. Il custode: rimasi sotto le macerie per diverse

L'AQUILA. Processo Grandi Rischi: una udienza drammatica e logorante per i ragazzi sopravvissuti al crollo della Casa dello studente che ieri sono stati sentiti come testimoni di accusa davanti al giudice Marco Billi. Il dolore ha accompagnato le deposizioni dei ragazzi alcuni dei quali sono stati estratti vivi dalle macerie. Interrogatori logoranti anche per le domande dei difensori che in tutti modi hanno tentato di far cadere in contraddizione i testimoni, un ruolo ingrato ma connesso con il loro mandato. Ma il primo a testimoniare è stato il custode della Casa dello studente. Piergiorgio Lauri. Anch'egli ha rischiato di morire sotto le macerie. La sua deposizione è andata avanti per oltre un'ora.

Al centro della vicenda le rassicurazioni dei sette componenti della commissione Grandi Rischi finiti sul banco degli imputati per omicidio colposo plurimo: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis (unico imputato presente in aula (foto piccola a destra), Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce. «Quando c'erano scosse dalla Casa dello studente uscivano i ragazzi e capitava anche che pernottassero fuori» ha detto Lauri. «Il 5 aprile», ha aggiunto, «dopo la scossa delle 23, non era successo niente: i ragazzi sono scesi impauriti e io li ho tranquillizzati, visto quello che diceva la Commissione Grandi Rischi: lo sciame sismico non avrebbe mai portato a un evento grave». Così Piergiorgio Lauri, (parte civile assistito dall'avvocato Roberto Madama) ha esordito nel suo racconto. «I ragazzi erano impauriti» ha aggiunto il custode «più che altro per quelle lesioni visibili dello stabile che erano state controllate dopo la forte scossa del 30 marzo. Dopo la scossa dell'una, invece, c'era una situazione di caos. Io di solito uscivo, ma alle scosse delle 23 e dell'una sono rimasto seduto. Alle 3.32 ho provato a scappare, quando ho visto le pareti che si aprivano. Sono rimasto bloccato per molte ore e avevo problemi a essere tirato fuori, i vigili del fuoco volevano addirittura tagliarmi una gamba ma ho gridato che preferivo rimanere lì. Il solaio del piano superiore poteva cadermi addosso». Sul valore delle rassicurazioni, Lauri ha dichiarato: «Il direttore dell'Adsu mi disse di non evacuare la struttura in seguito alle dichiarazioni che si leggevano o ascoltavano nei media».

Le altre testimonianze hanno confermato la linea di tutte le deposizioni finora ascoltate dalle persone chiamate a riferire: un'inversione di comportamento tra prima e dopo la riunione della commissione del 31 marzo 2009. La conferma è arrivata dalla deposizione di Ana Paola Fulchieri, di origine nel 2009 iscritta a scienze dell'investigazione, parte civile, assistita dall'avvocato Wania Della Vigna del foro di Teramo. «Provengo da una zona sismica, ho frequentato le scuole superiori a Campobasso e ho sentito la scossa di San Giuliano di Puglia nel 2002» ha detto «poi a gennaio 2009, quando ho sentito il terremoto qui, ho avuta molta paura. Uscivo a ogni scossa, dormivamo con la porta aperta e con la borsa pronta. Anche la sera del 30 marzo 2009 sentii una scossa, uscii e rimasi rimasi fuori fino a tardi. Ricordo che la sera del 31 marzo su Rete4 si parlava della commissione di esperti e assicuravano che la situazione era favorevole perché l'energia stava scaricando mentre a "Studio aperto" veniva contrapposta la tesi allarmistica di Giuliani con quella tranquillizzante della commissione con un collegamento telefonico di De Bernardinis. Io mi fidavo di quello che dicevano gli esperti della Commissione». «Anche la sera del 5 aprile rimasi dentro pur avendo la possibilità di dormire in auto. Eravamo tranquilli, non pensavamo che ci potessero essere forti scosse: l'aveva detto la Commissione».

La giovane è scoppiata in lacrime ricordando il momento della tragedia. «Mi sono svegliata tra le macerie. Ero a letto insieme a Stefania e istintivamente quando sentii la scossa la coprii con l'imbottita. Dopo, per fortuna, ci fermammo sotto la porta perché era buio e c'era una nuvola di fumo enorme, non riuscivamo a vedere che il corridoio non c'era più. Chiamavamo Hussein Hamade perché la sua stanza non c'era più, si vedeva il cielo, ma non rispondeva». «Avevamo paura di morire perché ad ogni scossa il palazzo di inclinava di più. Stefania, visto che i vigili del fuoco non risponevano, chiamò la mamma in Sicilia le disse che stava per morire».

«Prima della riunione della commissione» ha affermato nella sua deposizione Cinzia Di Bernardo «dopo le scosse scappavamo, ci veniva una paura enorme, eravamo terrorizzati. Io dormivo vestita, con le scarpe vicino la porta e il cellulare acceso. Lasciavo la porta aperta mentre facevo la doccia anche se il bagno era comune, tutti accorgimenti forse inutili ma comunque dettati dalla paura».

«La mattina del primo aprile ho letto» ha aggiunto «che che De Bernardinis diceva che si doveva convivere con lo sciame sismico e che la situazione era favorevole. Subito ci siamo tranquillizzati. Conoscevo la commissione e le sue funzioni come volontaria e le ho spiegate ai miei amici». «Avevo la possibilità di tornare a casa», ha aggiunto, «abito ad un'ora dall'Aquila e non l'ho fatto, potevo dormire in macchina e non l'ho fatto perché mi avevano detto di stare tranquilla. Il 5 aprile 2009 dopo la prima scossa, sebbene non fosse una bella sensazione, ho ripensato a quello che avevo letto e visto ai telegiornali sulle dichiarazioni della Commissione e mi sono tranquillizzata».

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