Trovati rifiuti pericolosi nel capannone sequestrato ad Avezzano

Esperti allarmati dopo il sopralluogo: "Gravi rischi per la salute del residenti". Escluso il rischio di radiazioni ma il materiale dovrà essere portato via subito

AVEZZANO. Rifiuti pericolosi, scarti ospedalieri, materiale industriale ma anche materiale biologico, contenente microrganismi vitali. All’interno del capannone sequestrato nel nucleo industriale di Avezzano, dopo la scoperta di un traffico clandestino di rifiuti dalle regioni del Sud nella Marsica, c’erano cumuli di immondizia in fermentazione, con la presenza anche di grossi ratti trasportati insieme ai rifiuti con i camion, due dei quali sequestrati.

Un vero e proprio rischio per la salute, secondo gli esperti e i tecnici che ieri mattina hanno eseguito un sopralluogo. Pericolo per la sicurezza dei cittadini dal punto di vista igienico-sanitario e la necessità di rimuovere al più presto il materiale scaricato. Secondo gli accertamenti dei vigili del fuoco di Avezzano, che hanno esaminato il capannone per scongiurare la presenza di radioattività, non c’è alcun rischio di radiazioni, ma le preoccupazioni sono altre. Erano presenti, oltre agli uomini della Guardia di Finanza che hanno eseguito il sequestro, e quelli del Corpo forestale dello Stato insieme ai quali stanno eseguendo le indagini coordinate dalla Procura di Avezzano, i biologi e gli esperti dell’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta) che nei prossimi giorni dovranno stilare un documento con le analisi chimiche dei cumuli ritrovati nella struttura industriale.

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Quello che è già chiaro, però, è la pericolosità del materiale che non può restare lì ancora per molto. L’odore è insopportabile e la possibilità che possa creare problemi dal punto di vista igienico-sanitario aumentano ogni giorno che passa. Nel giro di pochi giorni sono stati sequestrati da Forestale e Finanza due tir con rifiuti clandestini, e due capannoni nel nucleo industriale di Avezzano e a Luco dei Marsi in una zona a ridosso di aree agricole.

Da una prima valutazione, il materiale stoccato in grandi balle che poi si sono disfatte, per un totale di circa 1700 tonnellate, potrebbe provenire da attività industriali delle regioni meridionali. I due tir fermati carichi di 27 tonnellate provenivano secondo le carte da Roma ma da quanto emerso dai documenti sulla questione ci sarebbero delle incongruenze. I due trasportatori erano residenti in provincia di Caserta, così come l’azienda per cui stavano lavorando su cui sono in corso accertamenti. La bolla di consegna, inoltre, riportava la partita Iva di un’azienda del posto anche se il nome della ditta era stato alterato. Titolare dell’inchiesta è il pm Vincenzo Barbieri.

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