«Un Cartier da 4mila euro per fermarmi»

Processo sulla cava di Ofena, in aula la testimonianza dell’ex sindaco Coletti sul tentativo di corruzione

L’AQUILA. «Quell’orologio Cartier da 4mila euro mi fu lasciato in una busta. Io non l’ho neanche toccato. Dissi: “io non lo posso accettare”. Mi rispose: “Lei se lo merita, se non le serve lo regali a chi vuole”. Poi lasciò la busta sul tavolo e scappò via».

Il racconto dell’ex sindaco di Ofena Anna Rita Coletti, sentita nella veste di testimone nel processo che vede imputate nove persone, ripercorre la vicenda scaturita da un’indagine dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico su una serie di irregolarità nella gestione della cava di Ofena. In particolare, l’udienza davanti al tribunale in composizione collegiale ha riguardato i fatti relativi all’imputazione di una tentata corruzione nei riguardi dell’ex sindaco e consigliere comunale di minoranza Coletti, della quale era stata già accolta la richiesta di costituzione di parte civile. L’accusa più pesante è quella dalla quale dovrà difendersi il pescarese Luigi Pagnini, concessionario dell’attività di coltivazione della cava, sospettato di istigazione alla corruzione. Il dono del Cartier sarebbe dovuto servire a evitare interrogazioni in consiglio comunale che avrebbero provocato controlli e intoppi. «Io all’epoca ero consigliere comunale», ha detto Coletti, «e appena mi sono resa conto del contenuto della busta ho pensato che chi l’aveva portata aveva avuto una bella faccia tosta». Il presidente del collegio, Giuseppe Grieco, ha chiesto alla testimone come mai fossero passati venti giorni prima che il fatto dell’indebita ricezione venisse denunciato. «Ho consultato il mio avvocato e mi disse di portarlo alla questura di Pescara. Lo misi in cassaforte: avevo paura di portarlo in giro perché avrebbero potuto rubarlo. Poi lo portai dai carabinieri e fu sequestrato. Poi ho capito che avrei dovuto far finta di non vedere che si stava scavando sui due fronti della cava».

La testimone ha anche riferito di un colloquio avuto con il comandante della stazione dei carabinieri di Capestrano Ercole Angelone.

«In caserma lessi a voce alta due fogli di appunti che ripercorrevano tutta questa vicenda e mi fu risposto “ci pensi, ci ripensi bene”». Il maresciallo è finito nei guai per omissione d’atti d’ufficio e rivelazione di segreto. Prossima udienza il 17 novembre.

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