La Torre, riparte il processo d’appello

La Corte Costituzionale si pronuncia sulla legittimità dei tempi di prescrizione, la Procura contro l’assoluzione di Chiodi
TERAMO. La Corte Costituzionale sblocca il processo d’appello per il crollo della discarica La Torre. Succede dodici anni dopo quella drammatica mattina del 7 febbraio 2006 quando tonnellate di rifiuti finirono in un laghetto e cinque anni dopo la sentenza di primo grado di assoluzione dell’ex presidente della Regione Giovanni Chiodi (imputato nella sua veste di sindaco di Teramo al momento dei fatti). Un’altra tappa giudiziaria di una storia infinita. Intanto la discarica, nonostante il trascorrere del tempo, resta in attesa di essere bonificata e chiusa per sempre con un esborso annuale di centinaia di migliaia di euro pubblici per lo smaltimento del percolato.
Nei giorni scorsi la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità relativa alla durata prescrizionale del reato di disastro colposo, in questo caso nella fattispecie del crollo, attualmente fissato in 12 anni. Nell’ottobre del 2015 i giudici della Corte d'appello dell'Aquila (collegio presieduto da Luigi Catelli) avevano accolto l'eccezione di costituzionalità, sospendendo i termini di prescrizione, sollevata dalla difesa dell'allora responsabile della discarica, l'ex dirigente comunale Nicola D'Antonio (condannato in primo grado a un anno e quattro mesi, pena sospesa, insieme all'allora assessore comunale all'ambiente Berardo Rabbuffo), e alla quale si erano associate le difese di tutti gli imputati, relativa alla violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione in merito alla durata del termine prescrizionale tra una fattispecie dolosa e una colposa. Eccezione sollevata sulla scorta di un analogo pronunciamento della Corte Costituzionale.
Il crollo della discarica La Torre avvenne il 17 febbraio 2006. Finirono a processo undici persone, tra cui l'allora sindaco di Teramo Gianni Chiodi assolto perché il fatto non costituisce reato. Davanti ai giudici della Corte d'appello sono imputati lo stesso Chiodi, il dirigente del settore rifiuti della Regione Abruzzo Franco Gerardini, l’ex dirigente Massimo Di Giacinto (contro la cui assoluzione di primo grado ha fatto ricorso il pm Stefano Giovagnoni), l'ex assessore Rabbuffo e l'ex dirigente comunale D'Antonio, le cui difese hanno fatto ricorso contro la condanna (collegio difensivo composto dagli avvocati Guglielmo Marconi, Giovanni Moretti, Enrico Mazzarelli, Mauro Di Dalmazio, Francesco Mastromauro. Parte civile rappresentata dall’avvocato Tommaso Navarra, legale del comitato di cittadini La Torre). Nella sua requisitoria, il pm Giovagnoni parlò di un «disastro annunciato» al quale concorsero amministratori e tecnici. Lo fecero – secondo lui – ignorando, per convenienza politica o proprio interesse, i segnali inquietanti che arrivavano dalla discarica La Torre. Uno su tutti l’evento franoso dell’aprile 2005, definito il «segnale premonitore» di quello che stava per accadere. La battaglia si sposta in appello.
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