Ucciso a coltellate e buttato nel lago, via all’esame del Ris

10 Maggio 2025

Novità sull’omicidio di Martino Caldarelli. Martedì a Roma inizieranno gli accertamenti irripetibili su coltello, pala, carriola e vestiti bruciati

TERAMO. Gli accertamenti scientifici del Ris a supportare il già detto di un omicidio: quello del 48enne dj di Isola Martino Caldarelli, adescato sui social, accoltellato con dieci fendenti dopo un ricatto sessuale e buttato in un laghetto di Corropoli dai conviventi Andrea Cardelli, 41enne di Corropoli, e Alessia Di Pancrazio, 26enne di Giulianova. Inizieranno martedì nei laboratori romani del Ris, il Raggruppamento investigazioni scientifiche dei carabinieri, gli esami su tutto il materiale sequestrato fuori e dentro il casolare di Corropoli dove è avvenuto il delitto. Si tratta di un coltello, una pala, una carriola, resti di vestiti bruciati, panni e stracci sporchi di sangue.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia Cardelli (assistito dall’avvocato Marco Cerioni) si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre la donna ha confermato la confessione fatta nell’immediatezza del fermo di entrambi, con lei che ha fatto ritrovare il corpo, e ha aggiunto: «Io non sapevo che Andrea sarebbe venuto in camera da letto dove ero con Martino, ha fatto tutto da solo, lo ha ucciso da solo colpendolo a coltellate e poi con la pala. Io ho cercato di fermarlo, di bloccarlo, ma non ci sono riuscita. Ero terrorizzata perché lui ha minacciato di uccidere anche me».

La donna (difesa dagli avvocati Tiziano Rossoli e Nazario Fabrizio Giuliani) ha detto anche che negli ultimi giorni avevano il timore di il timore di essere bloccati dai carabinieri e per questo si sono allontanati anche nella zona di Roma nel tentativo di far perdere le loro tracce, ma poi sono tornati indietro. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Lorenzo Prudenzano non esita a definire la coppia «senza scrupoli e pericolosi, privi di una pur minima capacità di autocontrollo e in preda a un delirio violento e criminale». Con l’occultamento del cadavere, la modifica dell’auto rubata (le targhe cambiate alla Panda della vittima) e l’incendio della stessa vettura a confermare, scrive ancora il giudice, «la mancanza di freni della coppia».

Secondo il giudice, inoltre, ci sarebbe stata «una mistificazione delle rispettive responsabilità attuata da entrambi gli indagati. Con «le esigenze cautelari desumibili dalla stessa inaudita gravità dei fatti denotanti pesante disprezzo della vita e totale incapacità di dominare impulsi criminali».

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