Palazzo Pica Alfieri Brindisi e ricordi nel cantiere che apre

16 Settembre 2014

Il sindaco Cialente schiaccia per primo il pulsante della gru Corsa contro il tempo, l’obiettivo è finire i lavori in tre anni

L’AQUILA. Dalla fontana restaurata di piazza Santa Margherita l’acqua non sgorga più ormai da cinque anni e mezzo.

Di fronte, nessuno studente universitario si affaccia dal balconcino con le grate in ferro battuto di Palazzo Camponeschi. Eppure, quando i teli bianchi salgono veloci sulla facciata di Palazzo Pica Alfieri e il proprietario, il marchese Fabrizio, spalanca i battenti di legno e fa un passo all’interno, sembra quasi che tutto possa presto tornare com’era.

L’occhio curioso va a cercare subito la vetrina della storica libreria Colacchi, prima di rendersi conto che tutto il palazzo è coperto da un pannello cielo-terra con su scritto: «L’Aquila rinasce».

Soltanto il rumore degli applausi interrompe il fruscio dei teli che si sollevano. Poi il sindaco Massimo Cialente prende in mano un joystick, come quello dei videogiochi, e fa fare un mezzo giro al braccio della gru sopra allo storico edificio. Soddisfatto, lo solleva come un trofeo. Il cantiere è ufficialmente aperto.

Tutto intorno la piazza è piena di autorità cittadine, ci sono anche le maestranze dell’impresa. Ma ci sono anche tanti aquilani, venuti a vedere se quel pensiero di un attimo, che tutto possa tornare com’era, è davvero realizzabile.

Il cartello su Palazzo Pica Alfieri sembra quasi prometterlo: la data del 15 settembre 2014 è a fianco alla voce «inizio lavori», quella del 12 gennaio 2017 è indicata come quella di fine lavori. Ma il primo cittadino, con a lato l’assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano, il presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) dell’Aquila Gianni Frattale e il procuratore generale della ditta appaltatrice dei lavori per nove milioni di euro, l’ingegnere Marco Del Beato, azzarda: «Sarebbe bellissimo acquistare i libri della strenna natalizia 2016 da Colacchi, che qui mi ha promesso che tornerà». Annuisce il proprietario della storica libreria cittadina, Sandro Rotili, anche se non nasconde la paura di restare solo nel deserto di gru e puntellamenti. Le opere sono state affidate all’associazione temporanea d’impresa formata dalla ditta aquilana Aldo Del Beato costruzioni edili e dalla Cobar costruzioni Barozzi, di Altamura.

È commosso il marchese, che il figlio, con il suo stesso nome, Fabrizio, ha «trascinato» all’inaugurazione dei lavori senza confessare il vero motivo. «Qui dentro ci sono i ricordi di una vita, di gioie, ma anche di dolori e tribolazioni. Quelli che forse tutti noi abbiamo passato dopo il terremoto», dice con voce rotta dall’emozione. «In questo giorno speciale è doveroso un ricordo per coloro che quella notte sono scomparsi, come è un dovere, al di là dell’amarezza per il fatto che in questa città non confluiscano gli aiuti necessari, rivolgere un pensiero agli italiani: queste opere sono possibili grazie al loro denaro, a quello delle persone oneste che pagano le tasse. Dopo il terremoto del 1703 gli aquilani hanno avuto la forza di compiere sacrifici enormi per far rinascere questa città. Vorrei che oggi alcune coscienze si svegliassero e intervenissero perché questo possa accadere di nuovo».

In questa serata, riscaldata da una temperatura di fine estate, sembra quasi possibile cancellare le immagini ancora impresse sulla retina e distanti solo pochissimi metri. Immagini di grate di ferro sui palazzi antichi di via Sallustio, di cartelli con su scritto «Zona Rossa», dei graffiti neri sui muri ingrigiti dal tempo «Svendo puntelli»; «Mi mancano i militari». Da questa piazza, gremita di aquilani, in cui il silenzio lascia il posto al tintinnio dei bicchieri che brindano, sembra quasi che il pensiero di un attimo possa realizzarsi davvero, che tutto possa tornare com’era.

Michela Corridore

©RIPRODUZIONE RISERVATA