Bolognano, accanto a Bussi c'è un'altra bomba ecologica / Video

19 Settembre 2017

Discarica dimenticata a Piano d’Orta. Centomila metri cubi di terreno contaminato anche da piombo, zinco e rame. Rifiuti della ex Montecatini

BOLOGNANO. Un brivido corre lungo la schiena mentre cammini su quei centomila metri cubi di veleni. C'è una bomba ecologica sotto le case, i negozi, la scuola e la caserma della Polstrada di Piano d'Orta. Una discarica dalle dimensioni enormi, ma ancora indefinite: 26mila metri quadrati come dicono alcuni documenti, oppure 117mila come ipotizzano altri. Siamo nell'ex Montecatini dove, fino a cinquant'anni fa, producevano acido solforico per i concimi. Ma nel 1965 la fabbrica chiude i battenti lasciando in eredità all’Abruzzo una montagna di metalli pesanti.

Basta scavare a una profondità di appena cinque metri per scoprire un’autentica bomba chimica: arsenico, zinco, piombo, rame e altre sostanze ad alto rischio. Le analisi dell'Arta documentano concentrazioni record, si parla di valori superiori ai limiti di legge anche di diecimila volte. A Piano d'Orta c'è una discarica forse più pericolosa di quella scoperta nel 2007 a Bussi e definita la più grande d'Europa. Le due aree distano tra di loro poche decine di chilometri e fanno parte dello stesso Sito di interesse nazionale (Sin). Le discariche di Piano d'Orta e Bussi sono la stessa cosa. Ma da dieci anni della prima nessuno parla. E' una bomba ecologica dimenticata su cui il Centro riaccende i riflettori anche alla luce di un esposto consegnato il 28 luglio scorso dal Movimento 5 Stelle alla procura di Pescara, ai carabinieri-forestali e alla Corte dei conti. I pentastellati denunciano anni di scaricabarile tra Comune, Provincia, Regione, Ministero, e il proprietario del terreno oltre che il responsabile dell'inquinamento, di un’ex area industriale la cui storia parte da lontano. Molto lontano.

La Montecatini decide infatti nel 1902 di insediare a Piano D’Orta, lungo la strada statale Tiburtina Valeria, lo stabilimento per la produzione di acido solforico. Da allora l’attività cresce ma gli scarti vengono sepolti per decine di anni. Fino al 1965 quando l'azienda chiude i battenti. La bomba ecologica è lì, sotto 5 metri di terra. Ma si tornerà a parlare di Piano D'Orta solo nel 2007, dopo la scoperta della discarica Tremonti a Bussi. A indagare, dieci anni fa, è il Corpo Forestale dello Stato di Pescara, diretto allora da Guido Conti che manda i suoi uomini nell'ex fabbrica di acido solforico per verificare se è vero quello che si mormora in paese. I forestali cercano extracomunitari nascosti tra le vecchie mura dell'ex fabbrica ma trovano vasconi pieni di sostanze sospette. Conti non perde tempo, avvisa il pm della procura di Pescara, Giuseppe Bellelli, lo stesso che allora è impegnato a indagare su Bussi con la collega Anna Rita Mantini. La Forestale sequestra l'area. E le prime analisi dell'Arta, che siamo in grado di pubblicare, documentano la presenza di arsenico, piombo e rame in concentrazioni spaventose. Arriva anche la conferma. Dalle analisi eseguite poi da un consulente nominato dal pm, l'esperto Carlo Cericola, emerge la fotografia completa e allarmante dell’inquinamento dell'area: suolo e falde freatiche, cioè falde acquifere naturali, contaminati da rifiuti interrati. E il sospetto che l’arsenico sia finito nell’Orta, affluente del Pescara. Non solo arsenico, ma anche vanadio, mercurio, piombo, rame, zinco, berillio, selenio, manganese e ferro. La Forestale documenta con le fotografie choc (che pubblichiamo) ogni momento di quella prima caratterizzazione del terreno. E quelle immagini sono diventate, dieci anni fa, una delle prove principali dell’inquinamento.

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Il terreno si presentava e si presenta ancora con stratificazioni di colori diversi: il nero del piombo, il rosso del rame o l’azzurro dell’arsenico. Qualcosa, a livello burocratico, si muove nel 2008 quando, con decreto del ministro dell’Ambiente, viene istituito il Sito di interesse nazionale di Bussi. E nello stesso Sin viene inserita anche l'area dell’ex-Montecatini. Dal quel momento quindi dovrebbe scattare un’imponente operazione di messa in sicurezza per Bussi e Piano d’Orta. Ma non accade nulla. Passano così altri quattro anni e nel 2012, in una Conferenza di servizi, una delle tante che si sono susseguite fino al 27 luglio scorso, il Comune di Bolognano produce la seconda caratterizzazione del terreno. Lo fa con soldi pubblici per un inquinamento causato da un privato. Soldi che il Comune non ha riavuto. Anche quel documento conferma l’esistenza di 100mila metri cubi di materiali ad alto rischio. Ma da allora non accade più nulla se non l’ennesima caratterizzazione disposta dal privato.
E’ la terza in dieci anni, mentre spunta un’altra verità nascosta: ci sarebbe un'area contaminata fuori dal sito di interesse nazionale. Un’area vasta sulla quale sono state costruite anche le case, su cui l’esposto dei 5 Stelle chiede alla procura di indagare.

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