Caccia ai cervi: sei motivi nel ricorso inviato al Tar

22 Settembre 2024

Wwf, Lav e Lndc contro la Regione: l’udienza all’Aquila fissata per il 9 ottobre I forti dubbi sul conteggio degli esemplari al centro dell’atto degli avvocati

L’AQUILA. Caccia ai cervi: il giorno della verità è il 9 ottobre. È questa la data dell’udienza davanti al Tribunale amministrativo regionale dell’Aquila. Le associazioni animaliste Wwf, Lav e Lndc hanno presentato un ricorso, basato su sei motivi, contro la Regione, l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e gli Ambiti territoriale di caccia (Atc) di Sulmona, Avezzano, Barisciano, L’Aquila e Subequano.
Gli ambientalisti chiedono l’annullamento, previa sospensione in attesa del giudizio di merito, della delibera della giunta Marsilio, approvata l’8 agosto scorso e proposta dal vice presidente con delega alla caccia, Emanuele Imprudente, e dei relativi allegati, compreso il parere positivo dell’Ispra, che autorizza, a partire dal 14 ottobre, l’abbattimento di 469 capi, distinti per classi di sesso ed età - cuccioli, femmine e maschi adulti - nei cinque Atc citati in giudizio.
«La delibera impugnata è gravemente lesiva degli interessi ambientali di cui le associazioni ricorrenti sono portatrici (…) tenuto conto del fatto che da un’attività venatoria selettiva non preceduta da una corretta raccolta e valutazione dei dati può derivare un danno irreparabile per la vita degli esemplari, persino cuccioli di età inferiore ai 12 mesi, che non avrebbero dovuto essere sottoposti a prelievo», si legge sull’atto predisposto dagli avvocati Michele Pezone e Francesco Paolo Febbo, che assistono le tre associazioni. Ed ecco i motivi del ricorso.
1)IL MONITORAGGIO. «Il prelievo dei cervi si assume essere stato disposto in attuazione del Piano faunistico venatorio regionale 2020-2024. Il Pfvr è stato assoggettato a due procedure valutative diverse, la Valutazione di incidenza ambientale (Vinca) e la Valutazione ambientale strategica (Vas). Quest'ultima, in particolare, ha lo scopo di assicurare la gestione adattativa dei processi pianificatori nel tempo. I Piani non devono essere statici ma dinamici. Il Piano di monitoraggio è contenuto nella dichiarazione finale della Vas e prevede tantissimi indicatori, molti dei quali da misurare con cadenza annuale, biennale, triennale o quinquennale. Ma dalla consultazione degli atti della Regione non si evincono documenti in tal senso».
2)L’ALTRO ATTO MANCANTE. «Vista l’assenza di dati certi a cui si è accennato sopra, è ancora più grave che il Piano di abbattimento dei cervi non sia stato sottoposto a procedura di Valutazione di incidenza ambientale».
3) PRINCIPIO DI PRECAUZIONE. «Appare inopportuno affidare la raccolta dei dati sul campo prevalentemente agli stessi soggetti che, in un secondo momento, sono deputati a effettuare la caccia di selezione, posto che tale attività dovrebbe basarsi esclusivamente su monitoraggi affidati a strutture “terze” e con una solida preparazione scientifica. Nella relazione di proposta di gestione della popolazione del cervo, recepita dalla delibera impugnata, sono stati presi come riferimento questi monitoraggi a partire dal 2018 che, per ammissione dello stesso estensore della relazione, hanno avuto un andamento alquanto variabile, probabilmente legato alla “mancanza di uniformità della raccolta e archiviazione dei dati”».
4)I DANNI. «Per quanto riguarda poi gli impatti sulle colture (…) dalla lettura effettuata non emerge un inequivocabile nesso di causalità tra la numerosità di cervi e i danni all’agricoltura».
5)GLI INCIDENTI. «Rispetto agli impatti sulla viabilità, l’analisi dei dati si fa ancora più confusa (…) La relazione, infatti, riporta la seguente frase: “Consapevoli del fatto che la categoria “ungulato” potrebbe essere anche riferita alla specie cinghiale, è stato ritenuto opportuno considerare gli episodi di incidente con “ungulato” come da attribuirsi alla categoria “cervidi” (non identificati a livello di specie) piuttosto che a quella di suidi”».
6)IL CASO ISPRA. «l’Ispra, che era chiamato a fornire un parere scientifico, è incorso in un grave difetto d’istruttoria, in quanto si è basato, per sua stessa ammissione, sui dati contenuti “nella documentazione allegata alla richiesta” che, come sopra esposto, sono assolutamente carenti perché non preceduti da adeguati monitoraggi». (l.c.)
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