Caffè Venezia, sequestrati 100 mila euro sui conti correnti

Caffè Venezia (foto), sigilli ai conti correnti di indagati e società: secondo il gip, i soldi fanno parte di una "disponibilità economica non giustificata" dai redditi e dai guadagni

PESCARA. Tra i beni sequestrati alla famiglia Granatiero, titolare del Caffè Venezia, ci sono anche i conti correnti societari e personali dei sette indagati che, da lunedì mattina, sono accusati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Complessivamente, i conti correnti sono una sessantina e sono sparsi in una decina di istituti bancari ma quelli sequestrati, ossia solo i conti che avevano il saldo in positivo, sono una minima parte.
La cifra ammonta a circa 100 mila euro: migliaia di euro spalmati sui conti appartenenti a tutti gli indagati e anche alle società. Una somma irrisoria, per l'accusa, che striderebbe invece con la grande capacità di investimento della famiglia di Manfredonia che, a Pescara, possiede cinque locali le cui punte sono i due Caffè Venezia in viale Regina Margherita e nell'omonima via, e il locale Piano Terra a Pescara Vecchia.

E' la «disponibilità economica non giustificata dalle posizioni reddituali dei soggetti e dai presumibili ricavi d'impresa», come scrive il gip Maria Michela Di Fine, uno dei nodi che ha dato il via all'inchiesta a cui gli investigatori, la Guardia di Finanza e la Squadra Mobile, hanno iniziato a lavorare da oltre tre anni tenendo sotto controllo «l'espansione economica sul territorio pescarese», come la definisce il giudice per le indagini preliminari, «costituita da operazioni economiche di acquisizione e ristrutturazione di diversi esercizi commericiali, creando sostanzialmente dal nulla un gruppo con prestigiosi punti vendita».

Nel corso di questi anni, gli investigatori hanno perquisito sia le attività sia le case a Manfredonia delle 7 persone coinvolte nell'inchiesta condotta dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dal pm Gennaro Varone. Indagini soprattutto mirate a verificare la disponibilità finanziaria della famiglia Granatiero e a ricostruire i flussi di denaro impiegati per intraprendere le attività economiche. Durante le perquisizioni, sono stati portati via documenti contabili, bancari e patrimoniali e sono state avviate le richieste agli istituti di credito e alle agenzie tributarie. Due binari di cui il primo è stato contabile e ha riguardato la gestione finanziaria, mentre l'altro è stato mirato alla ricerca del collegamento con la famiglia del clan pugliese Romito per cui, scrive il gip, «si può ritenere che la disponibilità economica occulta utilizzata dai Granatiero nell'espansione commerciale possa provenire dalle attività delittuose dei Romito». Intanto, da ieri, i locali dei Granatiero hanno riaperto, ma la gestione è passata nelle mani di Silvio Mancinelli e dei suoi 5 collaboratori.

«Mi occuperò della gestione finanziaria seguendo, per la parte organizzativa, le indicazioni della famiglia», dice il commercialista, «Dopo aver terminato l'inventario che deve essere quantificato, ho fatto due riunioni con i dipendenti. Nella struttura aziendale tutto sarà monitorato e saranno avviati i sistemi di controllo come, ad esempio, il mantenimento degli orari e dei turni dei dipendenti e il passaggio di consegna della cassa».

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