“D’Annunzio segreto” svelato con la mostra dei cimeli di Santomo 

Da domani in esposizione autografi, foto, abiti e cimeli L’imprenditore: pronto a donare tutto alla casa-museo

PESCARA. La collezione privata di Gianni Santomo sui cimeli di Gabriele d'Annunzio diventa una mostra. Domani alle 17,30, nella casa natale del Vate in corso Manthoné, aprirà al pubblico l'esposizione “d'Annunzio intimo e segreto. Il sogno dell'esteta", curata da Lucia Arbace e Marzio Maria Cimini.
Attraverso più di 70 tra autografi, cimeli, abiti e fotografie della collezione di proprietà dell’imprenditore (aprì 180 negozi Benetton in tutto il centro sud, in Svizzera e in Francia) storico presidente degli anni d’oro della pallanuoto pescarese, la mostra offrirà il racconto del rapporto tra il poeta e Letizia (Melitta) de Felici, una delle sue ultime amanti.
I curatori hanno costruito una duplice narrazione. In primo luogo l'omaggio al primo studioso della collezione e al curatore dell'epistolario d'Annunzio-Melitta, il professore Vito Moretti, nel primo anniversario della sua scomparsa. In seconda battuta verranno ricostruite le vicende che hanno portato in città la collezione e che si intrecciano a nodo stretto con la storia commerciale pescarese. La collezione venne esposta per la prima volta nel negozio Teleria, l'impresa commerciale di Gianni Santomo dopo la rottura con Luciano Benetton, all’interno di Palazzetto Imperato. L'edificio in stile liberty, all’inizio di corso Umberto, progettato nel 1926 dal cognato di d'Annunzio, Antonio Liberi, venne acquisito da Santomo nel 1989 e nel ’96 restaurato dall'architetto Mario D'Urbano.
Santomo, da dove arriva la sua passione per Gabriele d'Annunzio?
Non sono un collezionista d'arte. Nel 1994 ci fu la lite giudiziaria con Luciano Benetton e nacque l'idea di creare Teleria, negozio di abbigliamento da uomo, a Pescara. Questo brand non aveva una storia e per creare un Dna aziendale legato alla moda, bisognava ricorrere ai personaggi storici e legarsi alla loro filosofia. Pensai a d'Annunzio.
Come mai?
Oltre al fatto che fosse pescarese, fu il primo dandy, il primo stilista. Dalle cronache risulta che era modaiolo e le più belle donne lo apprezzavano per la ricercatezza dei suoi abiti. Ha rappresentato l’eleganza, la raffinatezza, anche a volte il parossismo nel suo vestire e nelle sue manifestazioni. Di fatti la moglie di un suo sarto, Melitta, divenne la sua amante, quando lui aveva 73 anni.
E la collezione come si inserisce?
Prima di aprire Teleria a palazzetto Imparato, mandai ad acquistare questi oggetti all’asta di Sotheby l'avvocato Gianluca Di Blasio, che mi aggiornava al telefono. C'era solo un altro concorrente di peso, Paglieri, il proprietario di Felce Azzurra. Si aggiudicò il primo lotto di pochissime lettere, ma si dovette svenare, perché l'avvocato Di Blasio lo tampinava. Il resto lo comprai tutto io.
Quanto spese?
119 milioni di lire.
C'è qualche pezzo della collezione a cui è particolarmente legato?
Il mio soprannome a Pescara è sempre stato “bacarozzo”. Nella collezione c'è una scatoletta di parrozzo, molto piccola, che d'Annunzio regalò al figlio di Melitta, di cui era, molto probabilmente, il padre. Sulla scatola c'è scritto “A Luciano, paperozzo, bacherozzo”. Immagini la mia sorpresa quando ho trovato quest’oggetto nella collezione.
E poi?
Ci sono moltissimi pezzi belli, disegnati e progettati da persone importanti. In questa mostra, ad esempio, si scoprirà che d'Annunzio era orafo. Regalava i gioielli alle donne, mettendoli nelle confezioni che si faceva realizzare dal gioielliere Buccellati e che fanno parte della collezione, dietro cui scriveva a mano le dediche. Ci sono i capelli di Mazzini, oppure la statua della nave Puglia.
Dopo la mostra, la collezione tornerà a casa sua?
Dopo la chiusura di Teleria per i miei problemi di salute, conservai tutti i pezzi a casa. Ho sempre pensato che la logica destinazione di questi oggetti fosse la casa natale di d'Annunzio. Anche quando Giordano Bruno Guerri mi chiese la collezione per il Vittoriale, risposi di no. Perché avrei dovuto darla a lui se qui a Pescara abbiamo un polo che divenne museo quando d'Annunzio era ancora in vita? La volontà è quindi di donare tutto. Insieme alla Soprintendenza stiamo trovando la formula giuridica giusta.