Delitto Fabrizi, nuova pista dopo 27 anni 

Un libro scritto dal fratello del giudice Borsellino e dal giudice Spinosa riapre il giallo: il legale ucciso dalla Falange armata

PESCARA. Fabrizio Fabrizi viene ucciso in piazza Muzii a Pescara nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1991 con cinque colpi calibro 7,65. A distanza di 27 anni esatti esce un libro, scritto da autorevoli personaggi come Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia, e Giovanni Spinosa, il giudice che ha presieduto il tribunale di Teramo e che oggi lavora ad Ancona, che riaccende i riflettori sull'omicidio dell'avvocato teatino che ebbe la potenza d’urto di cambiare la storia politica dell’Abruzzo. Nei suoi studi legali, in via Milano a Pescara e via San Michele a Chieti, la procura pescarese infatti scoprì tutti i documenti che permisero di scoperchiare le Tangentopoli d’Abruzzo degli anni Novanta, anche se il processo di primo grado per l’omicidio finì con le assoluzioni dei presunti mandante ed esecutore materiale, e non ci fu un secondo grado di giudizio.
STRAGI E RIVELAZIONI. È un mistero andato avanti per 27 anni fino a che un giudice e il fratello di un magistrato assassinato, ricostruendo la storia delle stragi d'Italia, con il libro “La Repubblica delle stragi 1978/1994, il patto di sangue tra Stato, mafia, P2 ed eversione nera”, edito da PaperFirst recentemente presentato, svelano una notizia di reato ricollegando il delitto Fabrizi alla famigerata Falange armata che, agli inizi degli anni Novanta, tentò un golpe stragista rivendicando decine di delitti commessi in tutta Italia.
Le notizie che riportiamo in questo articolo possono far riaprire l’inchiesta sul più grande mistero d'Abruzzo.
ANDIAMO PER ORDINE. All’epoca fu scartato dalla Corte d’Assise di Chieti il movente della guerra per i centri commerciali, o altri moventi come quello delle discariche, ma fu anche sottovalutata dagli investigatori la rivendicazione che fece la Falange armata rivelando all’Ansa di Torino un particolare che solo gli esecutori dell’omicidio Fabrizi potevano conoscere. Ma andiamo per ordine.
UNA STRAGE A RATE. Il capitolo dell’assassinio dell’avvocato teatino viene introdotto sul libro di Borsellino, Spinosa e altri partendo dalla descrizione dei delitti della banda della “Uno bianca”, cioè dei fratelli Savi, e dagli obiettivi della Falange armata. La prima commise una “strage a rate”, così la definisce Spinosa. Una strage cominciata il 19 giugno del 1987 e finita il 21 ottobre del 1994: 82 delitti, 22 persone vennero uccise e oltre 100 ferite. Il libro sulle stragi quindi trova un collegamento tra Uno Bianca, delitto Fabrizi e la Falange armata che rivendica l’eccidio del Pilastro attribuito ai Savi. Lo fa il 7 gennaio del 1991 con una telefonata all’Ansa di Torino. Chi parlava aveva una voce con accento tedesco.
STRANI INTRECCI. Le vittime del Pilastro furono carabinieri. E l'obiettivo della Falange armata era di estendere lo scenario di terrore dall'Emilia Romagna al resto d'Italia attraverso la «militarizzazione in tutte le regioni e le province». In questo contesto, per gli autori del libro, si inserisce il delitto Fabrizi. Il capitolo che riapre il sipario sulla sua tragica fine s’intitola “La stravagante rivendicazione dell'omicidio Fabrizi”. La Falange armata guarda caso lo rivendica con una telefonata all'Ansa di Torino alle 20 del 6 ottobre 1991. Ma chi era Fabrizi? A 41 anni, l'avvocato teatino era già famoso per essere il legale di 22mila sottufficiali dell'Arma che si erano rivolti a lui per ottenere lo stesso trattamento economico dei pari grado della polizia.
UCCISO PRIMA. A giugno del 1991 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità della sperequazione ai danni dei sottufficiali dell'Arma. Ma Fabrizi non fece in tempo a vedere la conclusione del lungo iter giudiziario. Il Consiglio di Stato infatti si adegua alla pronuncia della consulta solo l’11 ottobre, due giorni dopo il suo omicidio. Fabrizi quindi venne ucciso mentre preparava l'udienza conclusiva, inoltre, pochi giorni prima, aveva detto al colonnello Antonio Pappalardo, allora segretario del Cocer, l’organismo dell'Arma con il quale Fabrizi aveva combattuto la battaglia dei sottufficiali, la necessità di creare un sindacato dei carabinieri.
I CONTI TORNANO. «Il tema delle difficoltà interne all’arma dei carabinieri e dei rapporti con il Cocer ricompare anche a proposito della strage del Pilastro del 4 gennaio 1991. A parlarne fu proprio Alberto Savi con i compagni di detenzione», si legge sul libro di Borsellino, Spinosa e altri. Arriviamo alla rivendicazione. La stessa voce con accento tedesco quella sera del 6 ottobre di 27 anni fa rivela all’Ansa di Torino «di aver avvisato l'avvocato Fabrizi che tuttavia non aveva dato ascolto ai ripetuti avvertimenti inviatigli anche in forma traslata, indiretta e persino mediati in diverse occasioni dalla sua stessa convivente». A quale avvertimento si riferiva il misterioso telefonista?
LA NOTIZIA DI REATO. Pochi giorni prima dell'omicidio, intorno alle 22,30 del 26 settembre 1991, la compagna di Fabrizi, uscendo dallo studio legale di Pescara, venne aggredita. L’autore dell'agguato si era dato alla fuga su un'auto rubata, una Lancia Thema targata Torino. La convivente di Fabrizi era presente quando l'avvocato proponeva al colonnello Pappalardo la costituzione di un sindacato dei carabinieri. Gli autori del libro, in particolare Spinosa, tirano le somme: alle 20 di quel maledetto 6 ottobre nessuno, al di fuori di chi aveva ucciso Fabrizi, poteva sapere dell’avvertimento di dieci giorni prima. È l’indizio che può far riaprire il caso.