E Cialente annuncia: vanno smantellate tutte 

Il sindaco del terremoto dell’Aquila: io responsabile? Se compro un’auto non la smonto per vedere se va bene

L’AQUILA. «Stiamo cercando di trovare una soluzione con il governo, anche perché quelle piastre dovranno essere smantellate. Tutte». Il sindaco del terremoto, come verrà ricordato Massimo Cialente, dovrà farsene una ragione. Perché quando tra qualche settimana lascerà Palazzo Fibbioni, il suo nome resterà, suo malgrado, accostato irrimediabilmente anche a quel “mostro” edilizio che risponde al nome di progetto Case e Map. Unità abitative che ora lo stesso sindaco uscente ammette che dovranno essere abbattute. Nonostante, otto anni fa, ne salutasse entusiasta la realizzazione. «È bellissimo vedervi affacciati alle finestre di queste case. Diciamo grazie a Berlusconi, come ringraziamento al sistema Italia di cui possiamo essere orgogliosi». Così Cialente nel 2009.
Sindaco, ha scritto la sua lettera di addio alla città alla fine del mandato. Non si sente neanche un po’ responsabile di quanto accaduto e sta accadendo al Progetto Case?
«Subito dopo il sisma del 6 aprile 2009, era il 5 maggio, siamo andati a Roma io, Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, e Gianni Chiodi, presidente della Regione, per incontrare un rappresentante della presidenza del Consiglio. In quella sede ho detto a chiare note che le case di Berlusconi non le volevo».
E allora perché poi ha deciso, invece, di accettarle?
«A tre giorni dal terremoto, il 9 Aprile 2009, il vice presidente Ance, attuale presidente, Ettore Barattelli, mi disse che avevano 1.500 appartamenti sfitti, liberi. Io andai a Roma forte di questo».
Ma perché allora ha cambiato idea?
«Alle verifiche, i 1.500 appartamenti risultarono tutti inagibili. Abbiamo tirato fuori 30mila euro come Comune per i primi interventi di riparazione, dove era possibile. E sono venute fuori le case del cosiddetto Fondo immobiliare. Ma sono bastate solo per 700 famiglie. A quel punto ho dovuto dire sì al Progetto Case di Berlusconi».
Quelle stesse case che, una dopo l’altra, si stanno ora rivelando un autentico bidone, oltre che un onere molto gravoso per il Comune e i cittadini dell’Aquila...
«Tanti dicono che abbiamo preso “a scatola chiusa”. Noi abbiamo tutte le certificazioni, rilasciate dal direttore dei lavori, l’ingegnere Calvi. Perché avremmo dovuto dubitare di quelle costruzioni? C’erano tutti i controlli certificati, sia dei materiali che della posa in opera. A chi spettava controllare se, come nell’ultimo caso di Coppito 2, avevano montato le guaine al contrario sui piloni e le basi sono diventate delle piscine? A chi se non al direttore dei lavori. Abbiamo presentato una denuncia, c’è un’inchiesta che è stata trasferita a Piacenza e che andrà in prescrizione».
Quindi, da parte sua e del Comune nessuna responsabilità? Non è troppo comodo? Prima di prendere in consegna 19 insediamenti abitativi e i Map non sarebbe stato meglio fare qualche piccolo controllo?
«Quando si compra un appartamento e ci sono tutte le certificazioni, mica vado a smantellare le fondamenta per vedere se sono fatte a regola d’arte. Oppure a verificare i nodi dei balconi se sono fatti bene. Se compro un’auto smonto forse il motore per verificarne le condizioni?».
No, ma un giro di prova sarebbe quantomeno d’obbligo, non le pare?
«Io prendevo 2.300 euro al mese, gli ingegneri e progettisti del Progetto Case qualche milione di euro. Spettava a loro controllare tutto».
E ora chi paga? L’Aquila?
«Stiamo cercando di trovare una soluzione con il governo, anche perché quelle piastre dovranno essere smantellate. Tutte. E avrà un costo».
Scusi, ho capito bene? Ha detto tutte?
«Sì, lo prevede una legge della Ue: sono alloggi temporanei e hanno una durata. I Map avevano 5 anni di vita. Per il progetto Case devono farcelo sapere: nessuno ci ha dato una scadenza, ma sappiamo che dovrà essere smantellato».(v.p.)
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