Escort uccisa a Francavilla, i funerali in Romania / Foto

11 Gennaio 2012

Lettera dalla Romania dopo i funerali: non avevamo niente da offrirle

FRANCAVILLA. «Silvia era la nostra anima, e adesso l'unica ragione che ci tiene in vita è quella di lottare per avere giustizia». È uno dei passaggi della lunga lettera scritta dai genitori di Silvia Elena Minastireanu, uccisa il 23 dicembre da Luca D'Alessandro, 18enne di Chieti.

Due pagine scritte in romeno e indirizzate all'avvocato che li rappresenta, Monica Passamonti. È così che Angelica Miron e Paul Minastireanu hanno scelto di ricordare la loro unica figlia. Quella ragazza di appena 20 anni, giunta a Francavilla due anni fa con la speranza di una vita migliore, e che ha finito per prostituirsi. L'antivigilia di Natale, la giovane vita di Silvia Elena Minastireanu è stata spezzata. Le mani strette al collo di uno studente che conosceva da una decina di mesi, Luca D'Alessandro, non le hanno lasciato scampo.

«Nessuno aveva il diritto di farle del male», scrivono i genitori distrutti dal dolore dopo il funerale della figlia a Galati, in Romania, «abbiamo tantissimi rimpianti perché non abbiamo potuto offrirle una vita migliore, una casa decente. Ma la povertà in cui viviamo non ce l'ha permesso. Noi abbiamo sempre lavorato ma gli stipendi miserabili non ti permettono di vivere una vita normale. Forse è colpa nostra, o forse no, non sappiamo più cosa pensare». È uno sfogo accorato quello di questi due giovani genitori, che si sono stretti intorno alla bara di Silvia come a volerla abbracciare per l'ultima volta.

«Era sempre stata una ragazza matura per la sua età», si legge ancora nella lettera, «quando ha compiuto 18 anni ci ha detto che sarebbe partita per l'Italia, per costruirsi una vita migliore. Non avevamo niente da offrirle, non potevamo fermarla. Nemmeno le due stanze in cui viviamo sono di nostra proprietà. In fondo la capivamo». Scorrendo la lettera, appare chiaro che i genitori fossero a conoscenza del modo in cui Silvia si guadagnava da vivere. «Non abbiamo mai accettato quello che faceva, ci faceva male al cuore, ma non siamo riusciti a farle cambiare idea. Ci diceva che era al sicuro e che niente di male le sarebbe successo».

La sofferenza per la perdita prematura e violenta della figlia tormenta la coppia, che aggiunge: «Sono giorni interi che mangiamo appena e non riusciamo a dormire, è come impazzire di dolore e non possiamo fare più nulla per portare indietro la nostra piccola. Era tutta la nostra felicità». E poi il ricordo delle parole di Silvia. «Ci diceva sempre, "voi mi avete cresciuta, ora tocca a me prendermi cura di voi". Ma noi volevamo solo vivere per vederla crescere. Ci chiamava sempre e quando poteva ci mandava dei soldi. Vorremmo che la gente smettesse di parlare di lei come di una persona che non valeva niente. Lei non faceva male a nessuno, e non era quello che faceva». Alla fine, l'appello perché l'assassino paghi: «È un criminale, al posto di nostra figlia poteva esserci chiunque».

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