Estate senza regole: la spiaggia è "cafonal"

Racchettoni invadenti, palloni killer, rifiuti al sole, lettini a riva: è sfida tra le ordinanze dei Comuni e l’indisciplina dei bagnanti

PESCARA. C’è chi usa la fontana come il bagno di casa sua e chi fa della spiaggia un posacenere a cielo aperto, chi obbliga tutti a fare il bagno con l’adorato cagnetto e chi arriva col motoscafo praticamente a riva, come se l’acqua fosse cosa sua. L’estate, si sa, è il momento del relax. Ma per molti diventa anche il momento per dimenticare le regole minime di buona educazione, rispetto e civiltà. E soprattutto di buon senso. Lo dicono le foto pubblicate qualche giorno fa sulCentro, le lettere che arrivano in redazione, le segnalazioni fatte alla Capitaneria di porto. Lo dicono le scene che ogni giorno si vedono in giro per l’Abruzzo.

IN PRINCIPIO FU IL PALLONE. L’eterna guerra da cortile tra bimbi e adulti d’estate si sposta in spiaggia. Ma i giocatori di pallone da litorale, spesso, non sono bimbi indisciplinati come quel Marco Verratti che, ha confessato da poco un vicino di casa, da piccolo rompeva le finestre con quelle pallonate che l’hanno portato a Parigi, ma adulti inconsapevoli. Inconsapevoli del fatto che giocare a pallone in spiaggia, e soprattutto sulla battigia, proprio non si può. E la multa per chi si azzarda a farlo non è di poco conto, dato che si aggira intorno ai mille euro.

La stessa storia vale per i racchettoni, i migliori amici del bagnante, amatissimi e allo stesso tempo vietatissimi.

I divieti, mal digeriti da tanti, in effetti possono sembrare un po’ troppo severi, ma due casi successi recentemente in Abruzzo possono aiutare a far capire che il pallone o la pallina, a volte, diventano davvero pericolosi. Lo sa bene una donna incinta che è stata colpita da un pallone proprio sulla pancia ed è finita in ospedale, per fortuna senza conseguenze gravi. E lo sa altrettanto bene una ragazza che si è beccata una pallina da ping pong sulla tempia, un punto molto delicato, ed è svenuta.

I LETTINI SUL BAGNASCIUGA. Se sulla battigia pallone e racchettoni sono visti come fumo negli occhi, l’idea di trovarci una fila di lettini è addirittura peggio. Eppure non sono pochi gli stabilimenti che piazzano le sdraio di plastica a un passo dall’acqua, dove in teoria ci sarebbe la fascia di rispetto da lasciare libera. I gestori lo fanno per accontentare i clienti che magari hanno l’ombrellone nelle ultime file e vogliono approfittare dell’arietta fresca e del rumore del mare.

Ma entro i 5 metri dall’acqua, legge prescrive e civiltà impone, non si può lasciare nulla, anche per consentire a tutti di passeggiare a filo d’acqua o buttarsi in mare senza fare slalom. La regola che qualcuno ignora evidentemente la conoscono in tanti, se è vero che i centralini della Capitaneria ricevono ogni giorno tantissime segnalazioni proprio per le “spiaggine” abusive.

CICCHE, ALGHE E RIFIUTI. Una cicca buttata lì, uno scarico maleodorante che arriva in mare là, un tappeto di alghe non proprio profumate che ricoprono la sabbia: anche le condizioni delle spiagge sono ai primi posti nella hit delle lamentele.

E per un bagnante che si lamenta dello sporco ce n’è sempre un altro che nasconde la sigaretta appena spenta sotto la sabbia. Una pratica talmente diffusa in tutta Italia da costringere Marevivo a fare una campagna nazionale che si chiama «Il mare non vale una cicca?» e che consiste nella distribuzione di 10.000 posacenere da spiaggia. I volontari li hanno portati proprio lo scorso week end anche in 43 spiagge abruzzesi, dalla Torre di Cerrano alla Nave di Cascella.

Ma se lasciare la cicca sulla sabbia è una cosa poco carina, certo è peggio mettere uno scarico abusivo su un fiume o un torrente e far arrivare liquidi maleodoranti e non meglio specificati direttamente in mezzo agli ombrelloni. Uno degli ultimi casi a Tortoreto, dove i bagnanti della spiaggia libera si sono ritrovati a fare i conti con una sostanza schiumosa che veniva fuori dallo scarico delle acque bianche e puzzava non poco.

MARINAI DELLA DOMENICA. Se in spiaggia quanto a mancanze di buon senso non si scherza, con un motoscafo o una moto ad acqua si riesce a fare anche di peggio. Non troppo tempo fa i bagnanti che affollavano la zona della Madonnina sono rimasti con gli occhi sgranati davanti a un motoscafo che sfrecciava nell’avamporto di Pescara con uno sciatore d’acqua attaccato alla poppa. Una manovra talmente pericolosa che un esperto la semplifica cosi: «È come andare contromano in autostrada»

In tanti, poi, scambiano il motoscafo per un pattino e la moto d’acqua per un canotto. E pensano di poter arrivare quasi a riva, incuranti del fatto che la gente magari sta facendo il bagno.

Nel giro di poco più di un mese la Capitaneria di porto tra Pescara e Giulianova ha multato 14 motoscafi e 2 acquascooter che non avevano rispettato il limite di 350 metri dalla riva.

In tanti, poi, si avventurano in barca senza avere la minima idea di cosa fare. E così capita che la Guardia costiera debba andare a recuperare il marinaio della domenica che non ha fatto bene i conti della benzina e si è ritrovato a secco in mezzo al mare.

Anche gente esperta, spesso, si ritrova a fare mosse azzardate che solo per poco non si sono trasformate in tragedia. Qualche domenica fa, per dirne una, un velista è partito da San Benedetto del Tronto da solo per raggiungere le Tremiti. A dieci miglia dalla costa l’uomo è caduto in mare e la barca è andata via da sola, con il pilota automatico. L’uomo è rimasto per più di due ore in acqua e solo grazie a una barca che passava casualmente in quel punto e lo ha tirato a bordo si è salvato. La barca, invece, è stata recuperata da una motovedetta partita da Pescara.

Sempre pochi giorni fa un armatore tedesco è partito da Pescara per far rotta sulle Tremiti con alcuni amici a bordo del suo motoscafo 16 metri. In un momento di distrazione,mentre la barca era in moto, l’uomo è finito in mare a poppa e si è ferito gravemente con le eliche.

IL CANADAIR FA PAURA. «Ma cosa state lì a fare le multe a quelli che giocano a racchettoni quando abbiamo gli aerei che entrano in acqua a pochi metri?».

Diceva più o meno così uno dei tanti bagnanti che nei giorni degli incendi hanno intasato i centralini della Capitaneria di porto in preda al panico da Canadair. O forse memori dell’artificio narrativo messo in piedi da Mordecai Richler, che fa morire uno dei suoi personaggi proprio così, facendolo precipitare su un bosco in fiamme dopo che un elicottero antincendio lo aveva prelevato per errore insieme all’acqua in cui stava nuotando.

In realtà, fortunatamente, anche se la prospettiva fa sembrare i Canadair molto vicini alla spiaggia, la realtà è diversa. Perché quando c’è un incendio e un aereo deve abbassarsi sul mare non può farlo a meno di 1000 metri dalla costa. E prima di autorizzarlo a caricare acqua la capitaneria circonda la zona e la fa sgomberare completamente.

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