Procuratore aggiunto, Anna Rita Mantini

PESCARA / INDAGINE CHIUSA

Frode fiscale, in 28 sotto inchiesta per Martina Gas e Carburanti 

La procura contesta l’evasione dell’Iva alle due società che contano distributori in tutta la provincia. L’indagato principale è Antonio Vanni

MONTESILVANO. A distanza di poco più di un mese dal sequestro di 16 milioni di euro disposto dal gip di Pescara a carico degli amministratori delle società Martina Gas e Martina Carburanti, la procura spedisce ai presunti protagonisti di questa maxi frode fiscale l'avviso di conclusione delle indagini terminate a tempo da record.


L'avviso, che porta la firma dell'ex aggiunto, Anna Rita Mantini, oggi alla guida della procura anche se come reggente, riguarda ben 28 persone (delle quali soltanto tre sono abruzzesi) che risultano indagate in questa operazione che la Guardia di finanza, che ha condotto le indagini, ha ribattezzato "Gasol meno Iva", sintetizzando quello che sarebbe il meccanismo truffaldino in base al quale le due società nel mirino avrebbero frodato l'Iva e quindi evaso le tasse per circa 18 milioni di euro.
Principale protagonista dell'inchiesta è Antonio Vanni, co-amministratore e legale rappresentante delle due società che, «al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto», come si legge nel capo di imputazione, «avvalendosi delle sottoelencate fatture per operazioni inesistenti, emesse da società "cartiere", indicava nella dichiarazione annuale di detta imposta agli anni 2015, 2016 e 2017, elementi passivi fittizi, rispettivamente di 12 milioni e 700mila euro per il 2015, realizzando un'evasione complessiva di Iva di 2 milioni e 600mila euro; per il 2016 di 9 milioni e 200mila euro, realizzando un'evasione di 2 milioni di euro; per il 2017 di 8 milioni e mezzo di euro realizzando un'evasione di 1 milione e 900mila euro».

Colonnello della guardia di finanza, Vincenzo Grisorio
L'indagine nasce da una intuizione delle fiamme gialle: dalla circostanza che i prezzi di vendita applicati dalla Martina risultavano inferiori a quelli praticati all'ingrosso da alcune grandi compagnie nazionali, peraltro produttrici di idrocarburi. Da qui iniziò il lavoro della finanza che risalì la filiera di approvvigionamento, facendo indagini sui fornitori e scoprendo così l'esistenza di ben 29 società cartiere, dislocate soprattutto fuori regione, che procuravano alla Martina carburante a prezzi che erano fuori mercato. Società cartiere che avevano praticamente soltanto il nome: senza una vera sede fissa o dipendenti e che avevano una vita piuttosto breve. In definitiva, operavano soltanto sulla carta, acquistando però il prodotto dai grossisti, sia italiani sia esteri, emettendo anche delle false lettere d'intenti in base alle quali si dichiaravano esportatori e quindi, in tale qualità, beneficiavano dell'esenzione dall'Iva.
Così facendo potevano avvalersi del titolo di non imponibilità e potevano cedere il carburante senza l'imposta sul valore aggiunto. Solo che quel prodotto non finiva all'estero, ma nella dozzina di punti vendita che la Martina ha sul territorio della provincia di Pescara, Tra Montesilvano, Cappelle e Moscufo.

Con questo meccanismo le società cartiere potevano quindi emettere fatture alla Martina, a prezzi notevolmente inferiori rispetto a quelli praticati dalle società concorrenti, il che permetteva alle due società finite sotto inchiesta di poter applicare alla pompa prezzi molto più bassi rispetto agli altri. La frode, stando alle indagini, avrebbe sfiorato gli 82 milioni di euro complessivi. Ed è per questo che la procura chiese e ottenne dal gip il sequestro di 25 immobili (fra terreni e fabbricati), quote societarie per 2 milioni di euro e ancora circa 3 milioni e mezzo di euro depositati su una serie di conti correnti. Adesso gli indagati avranno a disposizione 20 giorni di tempo per presentare eventuali richieste alla procura di integrazione di indagini o altro, o magari la richiesta di interrogatorio. Poi il pm formalizzerà la richiesta di processo da spedire al giudice dell'udienza preliminare.

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