Gabrielli: rischio piena già lanciato l’allarme

Il capo della Protezione Civile: sul porto di Pescara la situazione è chiara Realacci (Pd): interrogazione alla Camera per chiedere interventi rapidi
PESCARA. «Noi sottolineiamo sempre i rischi di alluvione, lo facciamo su tutto il territorio nazionale. Purtroppo non sempre ascoltati. Ma non intendo alimentare polemiche sul porto di Pescara. Anche perchè la situazione è molto più chiara di quanto si voglia far credere». Parla poco il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, e se fosse per lui non parlerebbe per nulla. Ma le sue risposte fanno capire chiaramente quanto lui e l’istituzione che dirige abbiano presente la questione del porto di Pescara e tutti i rischi, alluvione in testa, connessi al mancato dragaggio.
L’allarme alluvione era stato rilanciato giovedì dal presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. «Qualsiasi restringimento all’alveo di un fiume», aveva spiegato il presidente, «è problematico, tanto è vero che si lasciano le casse di espansione per fare in modo che in caso di alluvione o piena il fiume possa straripare in modo controllato. Ad Aulla, in Lunigiana, il paese è finito sott’acqua semplicemente perchè mancavano le casse di espansione. Ma se una pioggia di quel genere, che coi cambiamenti climatici in atto è tutto meno che esclusa, arrivasse qui, il Pescara non solo si troverebbe senza casse di espansione ma non avrebbe neppure uno sbocco al mare perché l’insabbiamento costituisce uno sbarramento», aveva detto Cogliati Dezza durante il blitz di Goletta Verde per chiedere l’abbattimento della diga foranea, considerata la responsabile dei mali del porto.
Il rischio piena non è sconosciuto neanche dalla Protezione civile nazionale. Certo, non è alla Protezione civile che compete dragare il porto, ed è la prima cosa che il successore di Guido Bertolaso, che è stato anche prefetto dell’Aquila, ci tiene a sottolineare. «A noi compete l’attività di prevenzione civile, non strutturale. Per il dragaggio del porto di Pescara ci sono già due soggetti istituzionali, cioè la Regione e il ministero, che sono competenti»., spiaga Gabrielli.
Che il Pescara rischi la piena, però, è cosa evidentemente nota, oltre che ai livelli locali della Protezione civile, anche a quelli nazionali. «Il rischio alluvione nel nostro paese riguarda il 90% del territorio», prova a gneralizzare Gabrielli, «e noi sottolineiamo sempre i rischi, come lo facciamo su tutto il territorio nazionale. Purtroppo non sempre ascoltati. Ma non voglio alimentare polemiche, anche perchè sul porto di Pescara la situazione è molto più chiara di quanto si voglia far credere».
Al momento la situazione del dragaggio, in realtà, per quanto chiara nei suoi contorni generali, cioè un porto chiuso per sabbia, è nebulosa dal punto di vista delle soluzioni. Nell’ultimo vertice a Roma, il 23 luglio, i ministeri interessati, la Regione, la Provincia, il Comune e la Capitaneria hanno stabilito un piano di massima per ripulire i fondali del porto. Ma restano ancora sul tappeto diverse incognite da sciogliere, cioè quanti fondi ci sono a disposizione, che tipo di materiale c’è sui fondali del porto e quindi come smaltirlo e soprattutto dove portare i fanghi una volta dragati. E l’impressione generale degli addetti ai lavori è che la scadenza di settembre, fissata ottimisticamente per l’avvio dei lavori, slitterà come minimo a ottobre, se non ancora piùavanti.
Proprio per sollecitare le istituzioni a fare presto, il più presto possibile, la prossima settimana verrà presentata un’interrogazione alla Camera dei Deputati. A firmarla sarà Ermete Realacci, ex presidente e oggi presidente onorario di Legambiente e parlamentare Pd. «In Italia ci sono stati casi di porti sbagliati, ma la vicenda di Pescara è una delle più gravi che si sono mai verificate», dice Realacci. «Già dodici anni fa, quando ero presidente di Legambiente, venimmo a Pescara a dire che la diga foranea era stata un errore. E putroppo abbiamo avuto ragione, perché quell’intervento ha generato una minore sicurezza, un cambiamento della dinamica della costa e soprattutto l’interramento del porto».
Realacci, che continua a seguire da osservatore il percorso di Legambiente, vede molto positivamente l’accordo raggiunto giovedì tra le associazioni ambientaliste, Confindustria e Camera di commercio sul fatto che il dragaggio sia la priorità e che non sia il caso di ragionare su interventi pesanti a mare, come quelli previsti dal nuovo piano portuale.
«Serve una idea di futuro più forte che non sia fare pennelli di cemento a mare.Ad ogni modo insieme al presidente abruzzese di Legambiente Angelo Di Matteo stiamo preparando un’interrogazione per chiedere ai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture risposte in tempi brevi sul dragaggio del porto».
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