Il giudice: i pugni del pugile potevano essere mortali 

Ristoratore picchiato, il gip: la procura valuti per Mangifesta il tentato omicidio

FRANCAVILLA. Quei pugni al volto potevano uccidere Antonio Cicalini. Lo sostiene il giudice Luca De Ninis nell’ordinanza di custodia cautelare con cui ha disposto gli arresti domiciliari per Sandro Mangifesta, consulente finanziario e pugile di 43 anni, autore dell’aggressione avvenuta a Francavilla il 25 ottobre scorso nella quale è rimasto gravemente ferito il noto ristoratore di 64 anni. Il sostituto procuratore Giancarlo Ciani, che ha coordinato le indagini dei carabinieri sulla lite al semaforo di viale Alcyone, aveva chiesto il carcere per l’indagato. Al momento la contestazione è di lesioni personali pluriaggravate. Ma il gip De Ninis invita il pm a valutare la possibilità di riqualificare il reato in tentato omicidio. Servirà probabilmente una consulenza medico legale per chiarire il numero di colpi inferti (uno o due) e per accertare se questi fossero di una potenza tale da poter causare anche la morte dell’aggressore, come ipotizza il giudice. Intanto Cicalini resta ricoverato in prognosi riservata all’ospedale di Popoli: non ha più ripreso conoscenza dal giorno della lite scoppiata per banali motivi di viabilità. Da sabato scorso, invece, Mangifesta non può allontanarsi dalla sua casa di Ortona.
L’EPISODIO. Nel giro di pochi giorni, anche attraverso il racconto di due testimoni, i militari dell’Arma di Francavilla hanno ricostruito nel dettaglio l’episodio avvenuto intorno alle tre di pomeriggio. Tra Cicalini, a bordo di un furgone, e Mangifesta, alla guida della sua Smart bianca, nasce una discussione, sembra legata a un sorpasso non gradito. I due restano bloccati dal semaforo rosso, uno dietro l’altro, all’altezza dell’incrocio con via Pola. Il primo a scendere è il ristoratore, che inizia a discutere con il pugile davanti allo sportello della Smart. Succede tutto in pochi secondi: Mangifesta, che è in giacca e cravatta, apre la portiera, scende anche lui dall’auto e atterra il “rivale”. Almeno questa è la ricostruzione dell’accusa. Il numero di pugni? Secondo una passante, due, peraltro potenti e ben assestati; un uomo che si trovava in sella a uno scooter, invece, sostiene di aver visto un unico colpo.
Quel che è certo è che, al momento dell’arrivo dell’ambulanza, il ristoratore è già privo di sensi. Mangifesta, mai in passato finito nei guai per motivi giudiziari, resta sul posto e attende l’intervento di 118 e carabinieri.
LA DIFESA. Il pugile, che appare scosso, ammette le sue responsabilità. Al tempo stesso, però, giura: «L’ho colpito una sola volta per difendermi perché mi sono sentito aggredito». Il suo difensore, l’avvocato Italo Colaneri, lo descrive «distrutto», al punto che «vorrebbe chiedere scusa alla vittima e che non riesce a darsi pace». Il resto è storia recente. Le manette scattano sabato.
L’ACCUSA. Per l’accusa, Mangifesta ha utilizzato le tecniche della boxe per picchiare il ristoratore. Una tesi condivisa dal gip, che definisce l’indagato come una persona incapace di controllarsi e che potrebbe commettere altre aggressioni per futili motivi. Secondo il giudice, anche alla luce del fatto che l’indagato è incensurato, gli arresti domiciliari sono sufficienti per contenere il «pericolo di reiterazione del reato».
LA FAMIGLIA. «Gli inquirenti hanno fatto un lavoro straordinario nel giro di pochissimo tempo», commenta l’avvocato Carla Tiboni che, insieme al collega Angelo Pettinella, assiste la famiglia Cicalini. «Nel giro di appena due settimane i carabinieri di Francavilla sono riusciti a ricostruire l’accaduto e a fornire al magistrato una visione completa di ciò che è successo lo scorso 25 ottobre. Episodi del genere non dovrebbero mai accadere. Adesso attendiamo l'avvio del processo, ma ancor prima speriamo che le condizioni della vittima possano migliorare».