parola all’esperto: Fernando furia

«In Abruzzo poco mercato Il costo? Seicento euro»

PESCARA. Già dagli anni Sessanta la cremazione dei defunti è una pratica ammessa anche dalla Chiesa, perché “non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo”. Ma in...

PESCARA. Già dagli anni Sessanta la cremazione dei defunti è una pratica ammessa anche dalla Chiesa, perché “non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo”. Ma in Abruzzo, secondo Fernando Furia, titolare di un’agenzia di onoranze funebri a Tornareccio, la cremazione è una pratica che non ha ancora preso piede.

Quante sono le persone che manifestano la volontà di essere cremate?

«La percentuale è bassissima. Qui da noi non supera il 2 per cento. Forse nelle città più grandi è leggermente più alta, anche per questioni legate agli spazi cimiteriali».

Secondo lei, in Abruzzo, quante di queste strutture potrebbero servire?

«Una sarebbe più che sufficiente. A fronte di circa dodicimila decessi l’anno, con una percentuale del 2-3%, significa che 240-360 persone manifestano la volontà di essere cremate. Statisticamente, vuol dire meno di una al giorno».

In quali strutture vi appoggiate per esaudire le richieste?

«In Abruzzo non ci sono ancora strutture. Quelle più vicine sono ad Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto. A volte andiamo a Perugia. La cremazione non fa ancora parte della nostra cultura. All’estero è tutto diverso. Fino a pochi giorni fa ero in Belgio, dove i forni crematori sono inseriti in strutture che si potrebbero scambiare per strutture turistiche, con parcheggi, e persino ristoranti, oltre alle sale vestizione, quelle per l’esposizione, cappelle dove poter celebrare cerimonie. Anche la durata della cremazione è più breve. In un’ora e mezzo le ceneri sono già nell’urna. Nei crematori italiani servono almeno due-tre ore».

Quali sono i costi?

«Si aggirano sui 500-600 euro, ai quali bisogna poi aggiungere le tasse, le spese per gli adempimenti burocratici, il trasporto, l’urna cineraria e la cassa. Per quanto riguarda la cassa, va detto che nel forno non possono essere utilizzate quelle di zinco, per cui si acquistano solo quelle in legno, e di solito quelle in legno meno pregiato, che sono le più economiche».

Cosa dice la legge, a proposito della manifestazione della volontà di essere cremati?

«Se la persona, quando è in vita, ha espresso il desiderio di essere cremata, basta un familiare che lo testimonia, altrimenti va presentato un atto notorio in Comune».

Esistono delle preclusioni?

«Sì. Se si è portatori di pace maker, lo stimolatore cardiaco va rimosso, ed è una procedura piuttosto complicata».

Lei ha mai pensato di realizzare una struttura per le cremazioni? E quali possono essere le spese da sostenere?

«Sì, ci avevo pensato, ma non avevo a disposizione un locale di superficie adeguata. E comunque, per una singola impresa, anche dal punto di vista economico si tratta di un’operazione decisamente impegnativa. Ci vogliono almeno tre milioni e mezzo di euro, perché non ci si può limitare solo alla realizzazione del forno. Ci vogliono una cappella, la sala d’aspetto, l’ufficio, almeno un minibar, sala di esposizione, sala di vestizione, servizi igienici, compresi quelli per diversamente abili, spogliatoi per il personale, un piazzale dove accogliere i familiari. Insomma, è un’operazione da valutare attentamente».

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