In piazza per la Repubblica anche vescovo e senatori 

Le limitazioni anti contagio non hanno fermato la festa per il 74° anniversario  Presenti i rappresentanti istituzionali di tutta la provincia e gli ex combattenti 

PESCARA. Alla fine, pur con tutte le limitazioni del caso, non è mancata neanche la partecipazione della cittadinanza. Pescara ieri ha celebrato il 74esimo compleanno della Repubblica in piazza Garibaldi, come ogni anno, ma con le presenze ridotte al minimo, come imposto dalle norme per il contenimento del coronavirus. Tuttavia qualche passante e diversi irrinunciabili dell’appuntamento istituzionale ha voluto ugualmente fare capolino durante l’evento ufficiale con autorità civili e religiose, rappresentanti delle associazioni combattentistiche e dei vari corpi delle forze dell’ordine.
La cerimonia si è aperta con l’alzabandiera affidato alla capitaneria di porto e l’esecuzione dell’inno nazionale. Durante la deposizione della corona d’alloro al monumento ai caduti di tutte le guerre, di fronte a carabinieri, finanzieri e poliziotti in alta uniforme, il compito di rappresentare le prefettura è stato affidato al vicario Carlo Torlontano. Il prefetto Gerardina Basilicata ha infatti appena lasciato il suo incarico a Pescara.
Ad accompagnare il vicario c’erano, in prima fila, il sindaco Carlo Masci, i senatori Luciano D’Alfonso e Nazario Pagano, monsignor Tommaso Valentinetti dell’arcidiocesi Pescara-Penne, che ha benedetto la corona deposta sul monumento. Presenti tra gli altri anche il vicepresidente del consiglio regionale Domenico Pettinari, e i rappresentanti di diversi Comuni della provincia, tra i quali Mario Semproni di Penne e Matteo Perazzetti di Città Sant’Angelo, mentre a rappresentare Montesilvano c’era l’assessore Paolo Cilli.
A leggere il messaggio diffuso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato poi Torlontano, prima della conclusione della cerimonia con l’ammainabandiera. Per tutti ovviamente distanziamento sociale e mascherina e, come si usa oggi, saluto col gomito. Una sorta di “moda” obbligata per ovviare al contatto delle mani, alla quale non sono potuti sfuggire neanche i militari più esperti, che pure avevano passato “indenni” decenni di nuove forme di saluto alla moda.(a.r.)
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