Insulti su Facebook a Veronica: il caso Teodoro spacca Pescara

L’assessore 19enne della giunta Alessandrini e il padre Gianni denunciano 61 persone per gli sfottò L’ex sindaco Mascia: hanno fatto bene. Il cantante Mazzocchetti: personaggi pubblici corrono rischi
PESCARA. E il popolo del web, ieri, alla notizia del Centro delle 61 denunce-querele di Gianni Teodoro, ex vicesindaco di Pescara, e della figlia Veronica, 19 anni, nominata assessore al Patrimonio dal sindaco Marco Alessandrini, si è scatenato sui social network. La vicenda riguarda i commenti dei frequentatori dei social network apparsi nell’estate scorsa, perlopiù sul sito internet del Centro, agli articoli che davano conto dell’ingresso nella giunta comunale cittadina di Veronica Teodoro. Molti dei quali, come ha specificato l’avvocato della famiglia Teodoro, Fabio Di Paolo, il quale lunedì scorso ha depositato la denuncia in Procura, ritenuti «diffamatori e ingiuriosi». Alcuni «messaggi diffamatori» sarebbero arrivati anche sulla posta privata dell'assessore oltre che sul suo profilo personale su Facebook. E il mondo della politica, della cultura, dello sport, dell’università, dello spettacolo, del commercio si è interrogato sull’uso di Facebook.
«Io avrei fatta la stessa cosa che hanno fatta i Teodoro. Ovvero, avrei denunciato anch’io», ha subito precisato Luigi Albore Mascia, ex sindaco di Pescara, e ora consigliere di opposizione con Forza Italia in consiglio comunale. «Anzi, per dirla tutta, ho già fatto la stessa cosa per situazioni analoghe. In passato, infatti», ricorda Mascia, che di professione è avvocato, «ho ricevute delle offese personali rivolte a me e alla mia famiglia. A volte anche attraverso dei manifesti. E non ho esitato a denunciare. Pertanto, alcuni procedimenti relativi a querele», spiega Mascia, «sono già incardinati in tribunale. Nessuno ha il diritto di offendere chi fa politica e il politico non deve diventare oggetto di un tiro al piccione. Dunque, sottoscrivo in pieno l’iniziativa dei Teodoro», conclude Mascia.
la pensa in maniera diversa il tenore Piero Mazzocchetti. «Quando si è dei personaggi pubblici», riflette il cantante che si è piazzato terzo al festival di Sanremo del 2007, «bisogna tener conto dei rischi che si corrono: anche di quello di essere diffamati. Ma la volgarità non l’accetto, poiché i giudizi negativi», osserva l’artista, «si possono esprimere anche con diplomazia. Dirò di più: una critica ben strutturata, nella consapevolezza del rispetto umano delle persone, fa più male di una diffamazione volgare, che è voce del popolino. Spesso chi insulta lo fa solo per invidia e io rispondo solo con il silenzio, senza denunciare», fa notare Mazzocchetti.
Un’analisi sul linguaggio scatologico usato dagli internauti è arrivato dal professor Francesco Sabatini, abruzzese di Pescocostanzo, uno dei più grandi linguisti viventi, nonché, attualmente, dopo averla diretta per alcuni anni, presidente onorario dell’Accademia della Crusca. «L’abuso delle parolacce», glossa Sabatini, da qualche anno anche professore emerito all’università di Roma Tre, «rivela, per chi le usa, una mancanza di argomenti e una debolezza di ragionamento. Sia se accade in privato, sia se accade sui mezzi di comunicazione pubblici. Un linguaggio triviale», prosegue l’autore del celebre dizionario compilato insieme con Vittorio Coletti, «è una mancanza di rispetto dell’interlocutore e c’è villania in chi lo fa suo. Ma non sempre l’uso di un linguaggio triviale può dare adito ad una denuncia penale», aggiunge Sabatini, evidenziando di non conoscere il caso in questione. «Quando l’offesa è mancanza di rispetto», chiude Sabatini, «non credo si possano adire le vie giudiziarie. È invece materia giudiziaria l’offesa che diventa ingiuria».
Chi un pensierino a una querela per diffamazione l’aveva fatto è il presidente della Confcommercio, Ezio Ardizzi. «Sono stato tentato dallo sporgere una denuncia», rende noto l’ex presidente della Camera di commercio di Pescara, «per alcune cose scritte su Facebook. Ma mi sono informato sull’autore e allora ho deciso di non perderci tempo. Ma non è possibile che ti alzi la mattina», riflette Ardizzi, «e ti ritrovi su Facebook. Io finora sono stato buono», avverte. «E capisco che un personaggio pubblico sia una vittima. Ma la prossima volta denuncerò anch’io».
Il ciclista Danilo Di Luca è ancora più apodittico. «È giusto denunciare», sottolinea. «E comunque io un profilo su Facebook nemmeno l’ho», mette in luce il vincitore del Giro d’Italia del 2007. «Per quanto riguarda le ingiurie e gli insulti su Facebook, inoltre, io credo che la maggior parte delle persone sappiano fare solo quello», evidenzia tranchant Di Luca, che, senza giri di parole, rimarca: «Io me ne sbatto altamente di chi insulta».
Più accondiscendente è il direttore della Confesercenti di Pescara, Gianni Taucci. «È’ scontato», dice quasi rassegnato, «che l’utilizzo di Facebook diventi anche uno strumento per offendere. Lì ognuno dice la sua e lo si dice in maniera non corretta. Ma bisogna prendere questa piattaforma», chiosa riferendosi a Facebook, «per quella che è. Come una partita di calcio. Anch’io sono stato oggetto di commenti poco gradevoli. Però ci sta, bisogna prenderla in maniera sportiva. La denuncia diventa possibile», ragiona Taucci, «quando si calunnia su un fatto specifico mai commesso o accaduto o quando si ricevono delle offese rivolte alla moglie o ai figli».
Molto sporadico e distaccato è l’approccio che l’urbanista, e professore associato presso l’università d’Annunzio, Lucio Zazzara, ha con il social network più noto nel mondo. «Io con Facebook ho un pessimo rapporto», racconta l’architetto. «In pratica non lo uso mai per esigenze personali, ma solo per acquisire informazioni professionali. Non condivido questo chattare in pubblico», argomenta ancora il docente, che ultimamente ha messo sul tavolo una serie di proposte relative all’abbattimento dell’ex Cofa, l’ex mercato ortofrutticolo. «Anche se devo dire che Facebook è utile in quanto serve ad allargare il numero di persone con cui parlare. E comunque è un modo per esprimere la voce popolare». E anche Zazzara, come Taucci, ha qualche dubbio sull’opportunità di querelare in seguito a commenti poco gradevoli «postati». «Quando si trascende nel linguaggio», si sofferma Zazzara, «va ricordato però che si è tra amici», prova a mediare. «Inutile inseguire con le denunce», poi continua. «Tuttavia», termina il suo discorso l’architetto, «va detto che Facebook sostituisce un po’ la piazza. Ma allo stesso tempo ci si deve prendere la responsabilità di ciò che si dice e dunque si può essere censurati. La privacy va sempre rispettata».
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