L'Aurum senza ex piace a metà

Manzo: «Una stortura cambiare il nome». Pomilio: «E' giusto così»

PESCARA. La città che si vuol scrollare di dosso gli "ex", tenta di ridisegnare l'identità dei suoi luoghi simbolo senza quel prefisso ritenuto «provvisorio e incompiuto». Lo fa partendo dall'Aurum, la fabbrica delle idee nata dal genio di Amedeo Pomilio e Giovanni Michelucci, il vecchio Kursaal dei primi del Novecento poi sede del liquorificio pescarese di via d'Avalos, da tre giorni ufficialmente non più "ex" ma solo "Aurum". Ma la scelta divide artisti e imprenditori, tra chi vorrebbe mantenere la vecchia denominazione e chi accetta che siano state cancellate quelle due lettere.

L'inventore di Fuori Uso, Cesare Manzo, bacchetta la decisione del Comune: «Io lo terrei come ex Aurum, come si fa per tutte le strutture nazionali e internazionali. Non è Aurum perché là non si fa più il liquore. Nell'ex fabbrica c'erano delle specificità come la rete che divideva maschi e femmine, il riscaldamento che prima non esisteva e invece in quella struttura moderna c'era. Quell'edificio si è caratterizzato così e sarebbe una stortura ridargli un nome. Ex Aurum resta la dicitura migliore».

L'artista Franco Summa non si sbilancia: «Aurum o ex Aurum, non ha molto senso. Con l'"ex" abbiamo fatto l'abitudine come parte della cultura e della storia della città. Ma va bene anche Aurum se lo si identifica come luogo di produzione culturale, significativa, continuativa, che può far acquisire un'identità a prescindere dal nome, che non è fondamentale. L'importante è che si caratterizzi per quello che fa: Aurum come oro è più suggestivo rispetto a un "ex", che fa riferimento a qualcosa che non c'è più».

La gallerista Benedetta Spalletti difende le origini: «Il suo nome rimanda alla storia di questo luogo che da un lato è giusto che mantenga, perché è qui che si produceva questo liquore, dall'altro è uno spazio che deve trovare una forza in sè. Penso che il nome sia un problema marginale rispetto alla destinazione. In ogni caso, si è sempre caratterizzato con quel nome e cambiarlo vorrebbe dire togliergli una parte della storia cittadina. L'ex dovrebbe rimanere».

A difendere la scelta del Comune è il pubblicitario Franco Pomilio: «Come rappresentante della storia dell'Aurum, provo un affetto nostalgico. Per me è sempre stato l'Aurum e quindi va bene anche levare l'"ex", che è un qualcosa che attribuisce alla struttura - basti pensare al Gaslini - una funzione diversa da quella è stata storicamente. Oggi nell'Aurum non c'è più niente perché è uno spazio vuoto, anche se la struttura è nuova. Avrebbe potuto essere un luogo culturalmente vivo, commercialmente interessante, sul modello di vecchie fabbriche, come a Torino, dove si è dato vita a un centro della gastronomia italiana diventato anche luogo di aggregazione. Dal punto di vista formale, per la mia famiglia è meglio che l'Aurum non contenga l'ex; dal punto di vista funzionale-comunicativo, l'ex sarebbe stato interessante se si fosse riempito di valori, ma non essendosi riempito di alcunché quel prefisso sarebbe solo la sottolineatura di qualcosa che manca».

Anche il presidente della Camera di Commercio, Daniele Becci, opta per la nuova denominazione: «Dire a qualcuno ex non è che mi piaccia molto. Siccome l'edificio attuale è stato ristrutturato, è giusto chiamarlo Aurum. Anzi, dirò di più e parlo da pescarese: io, personalmente, l'ho sempre chiamato Aurum. Sarà che sono un po' pigro, ma aggiungere l'e× mi è sempre stato difficile».

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