LA CASSIERA
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Abitavo da solo in un piccolo monolocale, all'ultimo piano di un vecchio palazzo borbonico. Era in centro ma non c'era l'ascensore. La tedesca che viveva con me e che avevo conosciuto quell'estate a Santorini se n'era andata da un paio di settimane lasciandomi qualche libro in tedesco un accendino e questa frase in testa "i sogni muoiono all'alba". Un refrain continuo che iniziò a tamburellarmi nel cervello "i sogni muoiono all'alba, i sogni muoiono all'alba, i sogni…". Per questo motivo cercavo di dormire il meno possibile, e quando lo facevo dormivo di giorno in modo che all'alba mi ritrovassi sveglio.
Passavo il tempo a non fare un cazzo, e lo facevo con scrupolo; tra una sigaretta e una birra, tra un libro e la televisione non facevo un cazzo, ma lo facevo minuziosamente, lasciandomi coscientemente rimbalzare tra noia e disinteresse. A volte trascorrevo ore a guardare fuori la finestra. L'autunno era bello che giunto col suo carico di nuvole e vento. Il grosso platano che stava in cortile si presentava già quasi spoglio, solo qualche foglia resisteva ancora. Ed io ero lì ad osservare fino a quando.
Arrivò un pomeriggio di leggera pioggia, di luce riflessa, di asfalto bagnato. Di aria umida che ti entra dalle narici, si deposita nelle tasche, sulle banconote da 5, sulle chiavi di casa, sul bordo dei cessi, su quello dei pensieri… Uscii per rifornirmi di birra e di sigarette. Camminavo senza evitare le pozzanghere, senza ripararmi dagli schizzi, senza sapere che ci fossero altre persone al mondo, senza sapere niente di niente.
Entrai in un supermarket. Comprai un cartone di birra né troppo cara né troppo economica, né troppo forte né troppo leggera e intanto continuavo a pensare " i sogni muoiono all'alba". Vuoto, ridondante pensiero; vuoto, ridondante lasciarsi andare. Pagai alla cassa. Con le mani scambiai dei soldi con altre mani. Belle mani di donna. Dita lunghe, affusolate; unghie smaltate, curate. Un anello d'argento al mignolo sinistro. Erano mani che potevano accarezzare, afferrare, mollare, salutare, mandare affanculo, stappare birre, mescolare caffè, schioccare, premere un grilletto…Mi venne da pensare: "adesso! Qui! " giusto all'incrocio tra spazio e tempo dita che si incastrano. Falangi, polpastrelli, muscoli, tendini, unghie.
L'amore è come il mare. A volte ne soffro ed allora avverto come la sensazione di un tuffo. E' il cuore che si tuffa nel mare. Guardai nei suoi occhi e vi annegai. L'amour, la mer, la mort.
Rientrando a casa pensai a Kurt Cobain e Cortney Love. A Billy Corgan, alla canzone con il ritornello che fa "Love is suicide…".I pensieri emergevano come dal profondo abisso di un oceano. Come liberati da uno scandaglio che raschia il fondo.
Salendo le scale col mio carico di birre mi soffermai a leggere un graffito sul muro. Non l'avevo mai notato prima. C'era scritto : "L'AMORE E' UNO SPUTO CONTROVENTO". Avevo un leggero affanno le scarpe inzuppate d'acqua e quella stupida frase che aveva ricominciato a frullarmi nel cervello. Quando giunsi sull'uscio infilai la chiave , feci scattare la serratura, spinsi la porta col ginocchio ed entrai.
Mi aveva sorriso. La cassiera mi aveva sorriso. Mi sfilai le scarpe. Frugai nelle tasche, trovai l'accendino della tedesca e mi accesi una sigaretta. Stappai una birra, andai alla finestra e mi misi ad osservare l'ultima foglia rimasta sul platano. Tra non molto sarebbe arrivato anche l'inverno.
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