Palla al centro

Pescara, il caso Plizzari e la libertà di parola

18 Settembre 2025

In Italia e nel mondo la libertà di parola è tutto. Si muore per difendere questo diritto-dovere. Simbolo di libertà e società evoluta. In questa sede non c’è bisogno di fare riferimenti alla costituzione o attivare spunti sul grado di civiltà legato alla possibilità di esprimere un pensiero o un’opinione. Questo vale dappertutto, tranne che nello sport e specialmente nel calcio. In questi contesti i protagonisti, siano essi i campioni più celebrati o l’ultimo dei rincalzi, devono sottostare alle regole imposte dal contratto di lavoro. In base al quale la società, e quindi i dirigenti, decidono se un tesserato può parlare o meno. E quando lo fa anche attenendosi alle regole imposte dagli organizzatori. Ad esempio Lega calcio, Uefa o Fifa. In Champions ad esempio, prima di ogni gara il club deve mettere a disposizione dei mass media il tecnico e un calciatore. Altrimenti c’è la multa. Il concetto è il seguente: io pago e io decido, anche se un tesserato può parlare. Dovrebbe essere la persona fisica libera di decidere se esprimere o meno un’opinione, invece no. Si chiama democrazia. Ma esistono le regole e il buonsenso.

A Pescara sabato è accaduto un episodio. Lo stadio ha riabbracciato e acclamato Alessandro Plizzari, il portiere decisivo per la promozione dei biancazzurri in B, a giugno. Plizzari oggi gioca (si fa per dire…) con il Venezia e il calendario sabato lo ha riportato all’Adriatico-Cornacchia che l’ha acclamato. Roba da brividi. In settimana il Centro ha contatto l’addetto stampa del Venezia per chiedere la possibilità di intervistare il giocatore. Ma la risposta è stata negativa. Sabato Plizzari ha vissuto brividi ed emozioni a non finire in quello che è stato il suo stadio. Non gioca, il titolare è Stankovic. Ebbene, il 25enne ex Milan non ha potuto ringraziare i tifosi davanti a un microfono o a un taccuino per ordine del Venezia. Niente sala stampa nemmeno per Adorante, il centravanti dalle radici abruzzesi (di Guardiagrele) che ha sbloccato il risultato su rigore. Ordine dell’addetto stampa che il più delle volte prende ordini dal responsabile dell’area tecnica del club, ovvero il direttore sportivo, che nel caso del Venezia è il pescarese Filippo Agomeri Antonelli. Il punto comico del pomeriggio si è raggiunto nel dopo partita quando Plizzari, prima di salire sul pullman, è stato celebrato da amici e conoscenti allo stadio tra baci, abbracci e selfie. È stato seguito dalle telecamere e dai giornalisti senza poter parlare. Sorrideva e agitava le mani, ma non parlava. Per contratto. Perché per parlare il tesserato ha bisogno di autorizzazione. La domanda, però, è la seguente: che cosa avrebbero potuto dire (o fare) di male Plizzari e Adorante da danneggiare l’immagine del Venezia dopo un risultato positivo? Perché negare a un uomo di esternare i propri sentimenti in un contesto del genere? Questione di buonsenso, non di regole. Lo stesso buon senso che latita a tanti livelli. Poi, il tesserato che rinuncia al proprio diritto di parola in cambio di soldi merita un approfondimento così come l’ordinamento in cui prosperano certe imposizioni.

Ma quanto accaduto sabato a Pescara è davvero imbarazzante. Telecamere e giornalisti seguono Plizzari che parla e ringrazia ogni singolo tifoso-amico. Ma non può farlo davanti a telecamera e taccuino, non può proprio parlare, altrimenti viene multato. A ben vedere il dispetto il Venezia l’ha fatto a Plizzari e Adorante. I mass media se ne faranno una ragione. E dovranno farsi una ragione anche quelle società e quegli uffici stampa che pensano e lavorano per indirizzare l’informazione. La libertà di pensiero, magari sbagliando, e di dare notizie ai lettori e all’opinione pubblica restano una mission. Piuttosto, in origine, gli uffici stampa avevano il compito di supportare e aiutare i mass media, non di complicare loro la vita.