Comunicato Stampa: “La bussola e il pirata”, un romanzo d’avventura che accompagna i ragazzi nella crescita

24 Dicembre 2025

C’è un’età in cui l’ avventura diventa un modo per conoscersi. I romanzi che restano addosso a bambine e bambini, a ragazze e ragazzi usano l’azione per mettere in moto una crescita , così si entra in una storia per curiosità e si finisce, senza accorgersene, a fare i conti con la paura, con la vergogna, con la responsabilità. “La bussola e il pirata” di Marta Capello ( Europa Edizioni ) appartiene a questa famiglia di libri: un romanzo d’avventura che sceglie la fantasia come sentiero verso il nucleo più serio dell’infanzia e dell’adolescenza, quello in cui si impara a nominare i propri errori e a non esserne divorati.
I protagonisti del libro, i giovani Samanta, Giulio e Annalisa , trascorrono l’estate dai nonni, vicino al mare. Samanta ha sedici anni e porta addosso la postura di chi si sente responsabile anche quando nessuno glielo chiede: è la maggiore, quella che regge il gruppo e insieme paga il prezzo di dover “essere adulta” troppo presto. Giulio è il fratello di mezzo e ha la mente piena di storie: legge, immagina, riconosce i segnali del meraviglioso, anche se a volte non misura le parole e la sua brillantezza rischia di diventare spavalderia. Annalisa è la più piccola, tenera e testarda, capace di scarti linguistici che fanno sorridere e insieme rivelano una verità: i bambini sbagliano le parole, però spesso capiscono prima degli altri dove si annida il dolore.
Sotto la sabbia emerge un sacchetto di stoffa scolorito, morbido e umido come se il mare lo avesse custodito per anni. Dentro c’è un oggetto rotondo, con pietre incise attorno: una bussola . Da quel momento il quotidiano perde stabilità. L’ago impazzisce, gira su se stesso, accelera, e la luce delle pietre diventa accecante. Quando i tre riaprono gli occhi, lo scenario non coincide più con la spiaggia di prima. Davanti a loro compare un pirata semitrasparente : barba foltissima color biondo cenere, cappello a due punte, una mano mutilata, una cicatrice che attraversa l’occhio perennemente socchiuso e minaccioso. L’ingresso è teatrale, rumoroso, burbero, con un lessico da ciurma e un tono da tempesta. È già un indizio: le guide che ti cambiano raramente arrivano in punta di piedi.
Capello trasforma la bussola in un portale , una cerniera tra epoche e visioni che trascina i bambini esattamente dove devono andare. La bussola si lega anche al capitano: è l’ultimo oggetto rimasto al fantasma, ciò che lo tiene sospeso tra il mondo e quello degli spiriti. Il pirata si chiama Sir Andrew Dwighting . È una figura rielaborata e trasfigurata a partire da una base storica, ma soprattutto è un fantasma visibile solo ai bambini. Dwighting è un adulto “altro”, una guida scomoda. È burbero e pretende, proprio per questo costringe i protagonisti a guardarsi dentro. 
La struttura del romanzo procede per prove, con un’alternanza continua tra azione e introspezione. La bussola conduce i tre in scenari diversi e ogni spostamento corrisponde a un nodo interiore. Le minacce prendono forme tangibili: il rischio della tempesta, la presenza della ciurma, il peso della maledizione, l’ombra di un mostro nel mare, una sparizione improvvisa durante una passeggiata nel bosco. In quei passaggi l’autrice lavora con una scrittura sensoriale, attenta ai luoghi, ai profumi, ai rumori, alla consistenza delle cose. Si avverte anche il rapporto con la natura , che per Capello è molto più che un fondale. La sua formazione di biologa ambientale e insegnante di scienze naturali filtra nella narrazione come ambiente vivo, come forza che interagisce con i personaggi.
I riferimenti ai grandi classici del fantastico funzionano come coordinate per orientarsi, riconducendo tuttavia la riflessione dell’autrice ai temi contemporanei. Si sente l’eco del “Mago di Oz” nel viaggio che porta a scoprire le qualità che già si possedevano, il “Canto di Natale” nella logica del fantasma che costringe a guardare ciò che si evita attraverso il filtro della coscienza, si avverte la “Storia infinita” nella figura di Giulio e nel suo modo di stare dentro la storia: il lettore che riconosce i codici, che sa che le narrazioni servono a sopravvivere. Il romanzo attualizza questi archetipi e li porta in un’avventura capace di agganciare anche i lettori più irrequieti, quelli che scappano dalle “lezioni” e restano quando la storia parla davvero di loro.
Il centro emotivo del libro si concentra sul coraggio di riconoscere i propri errori e concedersi una nuova opportunità . Ciascuno dei personaggi incarna bene questa traiettoria, ciascuno con i piccoli grandi dolori che si porta dentro. Il romanzo smonta le rigidità del nostro modo di approcciare l’amore con delicatezza e fermezza: il perdono non è una risorsa da consumare, è una pratica che si costruisce con la verità.
Anche la famiglia , infatti, entra in campo con decisione. Samanta desidera un rapporto più adulto con i genitori, chiede trasparenza, intuisce tensioni legate al lavoro del padre e al denaro, avverte che quella vacanza dai nonni forse è un gesto di respiro in un periodo complicato. Il romanzo tocca un nervo contemporaneo: gli adulti tacciono per il desiderio di proteggere i più piccoli, ma quel silenzio genera solitudine. I figli chiedono verità e ascolto per sentirsi parte della stessa nave, per non vivere separati dentro la propria casa.
La redenzione riguarda anche il capitano. Capello gioca con l’immaginario piratesco e lo smonta con intelligenza. Dwighting racconta la vera origine della cicatrice che solca il suo viso, racconta di Capitan Kidd, detto “il Tenebroso”, come di un secondo padre. Racconta anche dell’esilio impostogli dalla regina d’Inghilterra, pensato perché riflettesse sul male compiuto e cercasse una forma di riparazione. Soprattutto, racconta il nodo originario: il trauma legato a un legame irrisolto della sua infanzia, dal quale cresce la durezza del pirata che diventerà presto la parte dominante del suo carattere.
Il momento più emozionante arriva quando quella prigione si incrina ed è possibile lasciare il passo ai sentimenti ormai nascosti, sepolti sotto la durezza di un’anima che credeva di non meritare riscatto. In quell’istante una gemma della bussola si illumina. Il simbolo è chiaro: l’orientamento vero riguarda la vita interiore, riguarda ciò che si sceglie di fare con la colpa, con la paura, con la verità . La bussola indica la direzione del perdono, della riparazione, della libertà. Quando i bambini avvertono la sensazione familiare di essere “strappati via”, capiscono che il portale sta per richiudersi e che, da quel momento in poi, dovranno mettere in pratica tutto ciò che hanno imparato. 
Lo stile di Marta Capello è limpido e narrativo, vicino al lettore giovane senza semplificarlo. La prima persona di Samanta produce immediatezza emotiva, i dialoghi hanno ritmo, umorismo, piccoli scarti teatrali che strappano un sorriso. L’ambientazione resta sempre attiva: la spiaggia, il bosco, la tempesta, il mare e i suoi presagi fanno pressione sul cuore dei personaggi. Capello alterna azione e confessione, paura e tenerezza, ironia e ferita. E consegna un messaggio netto: il coraggio più raro consiste nel riconoscere i propri sbagli , chiedere scusa prima che diventi impossibile, concedersi la possibilità di cambiare rotta . Il passato non sparisce. Cambia il modo in cui lo si porta con sé. 

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