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La confessione e i cinque biglietti: «L’ho avvelenata con 15 punture»

Dopo l’omicidio della madre malata, Buoiocchi resta in ospedale in attesa di essere trasferito in carcere. «Così è finita un’agonia e tanta sofferenza anche per me. Sono stato costretto, non ce la faccio più»

PESCARA. Cinque biglietti seminati un po’ dappertutto (a casa, in macchina e per strada) e la confessione resa in ospedale davanti al pm: «Sì, ho avvelenato mamma con 15 punture di eparina». Sandro Buoiocchi, 51 anni, voleva gridare al mondo tutta la sua disperazione, maturata in cinque anni di dedizione completa e incondizionata alla madre 74enne malata e al fratello maggiore, anche lui con problemi di salute. E così, anche se ieri mattina è rimasto in silenzio, il gip Antonella Di Carlo ne ha convalidato il fermo per omicidio volontario aggravato disposto dal pm Anna Rita Mantini (ed eseguito il 28 dai carabinieri di Pescara principale diretti dal luogotenente Claudio Ciabattoni), disponendo nei suoi confronti la custodia cautelare in luogo di cura e, una volta dimesso, in carcere.

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Un esito quasi scontato anche a fronte della conferma arrivata dall’autopsia eseguita giovedì dal dottor Cristian D’Ovidio. Sul ventre della povera Lucia Zafenza, infatti, il medico incaricato dalla Procura ha rilevato 15 segni di puntura, pari a quelle confessate dal figlio, e una serie di emorragie interne provocate evidentemente dalla dose massiccia di anticolagulante (su cui andranno fatte ulteriori analisi) iniettata da Sandro Buoiocchi alla madre, come ha riferito lui stesso, la mattina di Natale nell’appartamento in cui vivevano sul lungomare Colombo. E proprio il periodo di festa deve aver amplificato il suo stato depressivo già evidenziato dal medico curante che di recente gli aveva prescritto una cura che lui non aveva neanche iniziato. «Mentre tutti festeggiano in famiglia», scrive infatti Buoiocchi dietro la ricetta di un medicinale trovata per strada la sera del 27 da un medico a passeggio con la moglie, «io sono solo come un cane mia mamma è quasi morta per me l’atmosfera natalizia è come una pugnalata al cuore...». Un biglietto che la coppia corre a consegnare ai carabinieri senza sapere che i militari da quella mattina stanno già lavorando al caso. In particolare, come hanno ricostruito il maggiore Claudio Scarponi e il luogotenente Ciabattoni, da quando il 27 mattina in caserma si presentano la sorella e il fratello di Sandro Buoiocchi denunciandone la scomparsa e aggiungendo che la madre era morta il giorno prima e che Sandro era sparito dalle sei del 25 dicembre. Forse, dicono i familiari, perché sconvolto da quella fine improvvisa. Il fratello, con gravi problemi alla vista, in riferimento a quella tragedia aggiunge di essersi accorto che la madre allettata non dava più segni di vita intorno alle 23 del giorno di Natale e di aver chiamato solo allora il 118. I carabinieri, anche se il medico legale aveva parlato di arresto cardiaco, ipotizzano un collegamento tra la scomparsa del figlio e la morte della madre. Si pensa anche di bloccare il funerale, in corso nel primo pomeriggio del 27, per un’eventuale autopsia sull’anziana. Ma gli elementi non sono sufficienti, bisogna trovare Buoiocchi. E lo trova la polizia di frontiera dopo due ore su segnalazione della Capitaneria. È privo di sensi, nella Panda intestata proprio a Lucia Zafenza, la madre. Dentro ci sono una tanica con 15 litri di benzina, diversi medicinali, una siringa di Eparina e un biglietto sul cruscotto in cui Buoiocchi scrive: «Mia madre molto probabilmente sarà già morta (meno male così è finita una agonia e tanta sofferenza anche per me). È durata anche troppo dal 2011».

Mentre il 118 porta in salvo il 51enne ricoverato poi in Rianimazione (ora è in Psichiatria con una prognosi di 15 giorni), la Procura è a caccia degli ultimi riscontri. Oltre al biglietto trovato dalla coppia, e al biglietto sul cruscotto, in casa vengono sequestrate 4 siringhe già utilizzate e una fiala di eparina ancora sigillata. Il giorno dopo c’è la sorella di Sandro che ai carabinieri consegna altri tre biglietti trovati la mattina prima sul comodino della madre. Sono diretti alla sorella a cui si preoccupa di lasciare duemila euro «per andare avanti», ai vicini di casa, ai colleghi del supermercato dove lavorava con contratti a termine come banconista. «Non ce la faccio più. Purtroppo sono stato costretto a fare questo non so se morirò». È l’ennesimo grido disperato. Adesso è salvo, ma a un prezzo troppo alto. Ha ucciso la madre, lo ammette. E dovrà pagare.

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