La prof abusa di una sua allieva minorenne: incastrata da messaggi e testimonianze, rischia il processo

La Procura di Pescara ha deciso di chiudere l’inchiesta a carico della docente accusata di aver abusato di una ragazzina
PESCARA. La Procura di Pescara ha deciso di chiudere l’inchiesta a carico della prof accusata di aver abusato di una sua allieva minorenne. Una vicenda che si sarebbe verificata tra gennaio del 2023 e marzo del 2024. Il pm Gabriella De Lucia ha messo insieme tutta l’ampia e complessa documentazione raccolta nel corso dell’inchiesta e ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini, prologo dell’eventuale richiesta di processo, per l’imputata, 56 anni, che deve rispondere di atti sessuali con minorenne (difesa dagli avvocati Carla Tiboni e Federico Squartecchia).
Un’inchiesta nel corso della quale la Procura ha raccolto testimonianze, effettuato un incidente probatorio per cristallizzare le dichiarazioni della ragazzina, sulla quale è stata effettuata anche una consulenza di una psicoterapeuta, tutto questo dopo che aveva richiesto e ottenuto una misura cautelare per la docente, di sospensione dal lavoro per un anno (misura da poco scaduta). Passaggi tecnici indispensabili perché comunque l’inchiesta avrebbe accertato, così come confermato dalla stessa parte offesa, che non ci fu mai nessuna costrizione da parte dell’imputata: la minore, infatti, riferì «di essersi sentita confusa, di aver iniziato a provare qualcosa per lei anche se ancora non lo realizzava». Nel corso dell’incidente probatorio l’alunna aveva dichiarato di essere stata innamorata della sua professoressa e di aver avuto con lei una frequentazione clandestina quasi quotidiana nei bagni e nei locali della scuola prima di quel rapporto completo consumato a casa della sua insegnante.
La psicologa-psicoterapeuta aveva concluso la sua relazione affermando che la ragazza (che all’epoca dei fatti aveva poco più di 14 anni) «non presenta disturbi della sfera cognitiva affettiva, relazionale che possono interferire con la sua percezione della realtà, con la capacità di ricordare e di riferire a terzi. È presente un adeguato esame di realtà». Può quindi tranquillamente testimoniare e riferire, in un eventuale processo, di quell’anomalo rapporto con la sua insegnante.
Il caso esplose non perché la ragazza ne parlò in famiglia, ma perché la psicologa della scuola raccolse le confidenze della ragazza in uno dei colloqui previsti dall’istituto e presentò una denuncia di sua iniziativa.
I primi contatti fra le due risalirebbero alla fine del 2022 con messaggi ritenuti dalla stessa alunna piuttosto particolari, proprio perché arrivavano dalla sua insegnante. Poi tutto cambiò a Natale dello stesso anno, quando quel rapporto diventò più esplicito. «Gli incontri», scrisse il gip nella misura cautelare di sospensione dell’imputata, «avvenivano in laboratorio o in bagno: si baciavano, si toccavano». E a corroborare la tesi accusatoria ci furono anche le dichiarazioni di una compagna della minore che veniva messa al corrente di tutto dalla vittima: «Le ho viste io mentre si baciavano in bocca», riferì la teste. La professoressa su Whatsapp le mandava messaggi anche durante la notte, le esternava affetto e apprezzamenti fisici, con frasi del genere: «Quanto ti voglio bene, quanto sei bella, ti sta bene la maglietta... sei bona», che la ragazza interpretò all’inizio in maniera scherzosa affermando, durante la sua testimonianza, che «pure io glielo dicevo anche perché lei è davvero una bella donna». Poi arrivò la rottura, confermata dall’amica: «Lei aveva capito che non voleva proseguire quella storia e quindi le ha spiegato che voleva lasciarla, però la professoressa non l’ha presa bene perché continuava a scriverle e a cercarla anche in classe».
Sul caso interviene l’avvocato Vittorio Iovine che assiste la minore: «L’estrema delicatezza della vicenda mi impone di astenermi da commenti sul merito dell’accusa ipotizzata dalla procura. È importante ricordare che simili processi possono lasciare segni profondi e difficilmente rimarginabili. Mi aspetterei, pertanto, un atto di responsabilità da parte di chi, tradendo il proprio ruolo educativo e di cura, ha messo a rischio l’equilibrio psicofisico di una persona fragile e a lei affidata». Adesso, la difesa potrà eventualmente avanzare nuove richieste istruttorie o altro, prima che si formalizzi la richiesta di rinvio a giudizio.