LA STANZA DEL RE

2 Maggio 2013

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"Cosa fai?"

"Gioco a nascondino", rispose il re.

"Da solo?", fece perplesso l'altro.

"Sì, perché?", ribatté stupito il re "E' divertente! Quasi eccitante, sai?"

"Ah sì?"

"Già, e vuoi sapere perché è divertente?"

"Sentiamo"

"Perché è difficile!", sibilò il re elettrizzato.

L'uomo si fermò a scrutare il volto del sovrano, tentando di decifrare la natura del suo fermento, l'origine della luce nera nei suoi occhi spalancati, perennemente aperti. Guardandolo attentamente, notò che non sbatteva mai le palpebre.

Il re si avviò verso l'unica finestra della sua stanza, l'ultima in cima alla torre.

"Fuori c'è vento", constatò incupito; lo sguardo perso che vagolava sulla città, in cerca di qualcosa. O di qualcuno.

"Che hai?", gli domandò l'uomo preoccupato "Perché quell'aria pensierosa?"

Trascorsero attimi di silenzio, poi il re si voltò:

"Lo sento… lo sento che sta arrivando nell'aria, stanotte", disse.

L'uomo corrugò la fronte, come se avesse già udito quelle parole.

"E' il testo di una vecchia canzone, mi pare", disse l'uomo.

"Quale?", volle sapere il re "Non la ricordo"

"E' comprensibile, si tratta di un pezzo dell'Altro Mondo, quello che è finito tanto tempo fa…"

Il re si portò una mano al mento, assumendo una posa riflessiva.

"Tranquillo, non importa che ricordi", lo volle rassicurare l'uomo.

Il re non sembrava ascoltarlo, smarrito per le strade della sua mente.

"Scusa… hai detto qualcosa?", chiese poi.

L'uomo lo contemplò con tenera compassione: "No", rispose sorridendogli.

"Dove sono Alan e Diomede?", fece all'improvviso il vecchio re, cogliendo alla sprovvista il suo interlocutore, che non sapeva cosa dire.

"Sono morti", decise di rispondere.

Un'espressione di orrido stupore si disegnò sul viso del re, che rivide i corpi dei suoi amici trucidati nell'ultima guerra: Alan con le pistole in mano trafitto da una spada, e Diomede centrato da un proiettile mentre brandiva la sciabola.

Il re ripensò ai suoi vecchi compagni, amici d'infanzia che erano come fratelli.

Ricordava perfettamente quando giocavano insieme d'estate, tutti i pomeriggi, e la madre di Alan, al calare del sole, usciva sul balcone di casa e urlava di smetterla, e che era tardi ed era ora di cena.

Poi Alan era morto, come Diomede.

Non li avrebbe rivisti mai più.

"Chiama Leonora, vorrei vederla", disse gentilmente il re all'uomo nella stanza.

Ma l'uomo non si mosse. Si limitò a guardare il quadro col ritratto della regina appeso al muro. E abbassò il capo costernato.

Il re parve riacquistare una terribile consapevolezza: "Facevamo l'amore tutte le notti…", disse.

Anche Leonora, la dolcissima Leonora, era morta. Si era gettata dalla torre, dopo che un infido messaggero le aveva annunciato la falsa notizia della caduta in battaglia del marito.

"Voglio giocare ancora a nascondino, lasciami solo!", ordinò il re all'uomo.

"Ma come farai? E' una follia!"

Il re era stanco, si coprì il volto con le mani nodose. "Allora cosa mi suggerisci di fare?"

"Ti porterò uno specchio"

"Uno specchio…", ripeté il re.

"Così ritroverai te stesso"

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