Omicidio Pavone, il caso in Cassazione

Il Procuratore generale presenta ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello che ha ridotto la pena a Gagliardi

PESCARA. «La condotta dell'imputato ha integrato perfettamente la contestata aggravante di aver premeditato il delitto». Il procuratore generale Romolo Como non ha dubbi: Vincenzo Gagliardi ha premeditato l'omicidio dell'ingegnere informatico Carlo Pavone, colpito sotto casa a Montesilvano con un colpo di fucile il 30 ottobre 2013 e morto il 16 novembre 2014, dopo più di un anno di coma, lasciando due figli e la moglie, Raffaella D'Este, che all'epoca aveva una relazione sentimentale con Gagliardi, suo ex collega alle Poste.

E così il pg ha fatto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, che cinque mesi fa, ha ridotto da 30 a 19 anni la pena a carico di Gagliardi. Uno sconto di pena dovuto all’esclusione dell'aggravante della premeditazione da parte dei giudici aquilani, i quali hanno ritenuto che «nulla era stato accertato in ordine alla condotta di Gagliardi, in termini di pianificazione del proposito criminoso, nei giorni precedenti al delitto». Una tesi che non ha convinto Como, il quale, sollecitato dagli avvocati Massimo Galasso e Marino Di Felice, legali dei fratelli della vittima, parti civili nel processo, si è rivolto alla Suprema Corte per chiedere l'annullamento della sentenza emessa in secondo grado.

Il pg si sofferma ad evidenziare che la Corte aquilana «dopo aver diffusamente motivato sull'accertamento di circostanze significative della volontà omicida, come la lunga ricerca informatica su armi di facile reperibilità ma ad effetto letale, e la presenza dell'omicida sotto casa della vittima con il fucile già in auto e pronto all’uso, ha poi ritenuto in poche righe finali di poterne escludere la valenza ai fini dell’aggravante della premeditazione, così come correttamente riconosciuta dal primo giudice, valorizzando all'uopo, in “bonam partem”, taluni elementi della vicenda in realtà chiarificatori della più grave volontà omicidiaria dell'autore». Le argomentazioni di Como mirano ad evidenziare elementi che «anche alla luce della conferma integrale, in appello, della ricostruzione dei fatti così come operata dal primo giudice, risultano perfettamente riscontrabili nella vicenda». «Anche i giudici aquilani», scrive il pg, «hanno dovuto sottolineare il carattere “fortemente significativo” della distanza temporale tra l'attuazione del proposito omicida e le precedenti ricerche via web eseguite da Gagliardi e volte al reperimento dell'arma, intensificatesi a partire dal mese di luglio 2013 e culminate nell'indagine mirata del 9 settembre 2013 con cui l'imputato “chiedeva” testualmente alla rete a quale “distanza potesse essere fatale un colpo sparato da un Flobert calibro 9”». Como, nel sostenere la sua tesi, fa anche notare che nelle due settimane antecedenti l'omicidio, come anche nello stesso giorno di commissione del reato, Gagliardi fosse stato in ferie. Questa circostanza, secondo il pg, «la dice lunga sull'ostinazione omicida dell'imputato».

Relativamente all'arma del delitto, Como fa notare che «seppure non sia mai stata fisicamente rinvenuta, l'esame balistico eseguito sulla pallottola calibro 9 che ha attinto mortalmente Carlo Pavone è valso ad indicare come la stessa fosse un fucile Flobert, del tipo di quello ricercato dall'imputato nei mesi precedenti il tragico evento». Questo, per il procuratore generale, «dimostra che Gagliardi si era portato sul luogo del delitto già munito dell'arma, in precedenza ricercata, denotando così anche la fermezza di una pregressa risoluzione criminosa perdurante fino alla commissione del crimine».

Il difensore dell'imputato, l'avvocato Renzo Colantonio, ha sempre sostenuto la non colpevolezza di Gagliardi puntando su alcuni elementi che, a suo giudizio, sarebbero stati trascurati e proverebbero l'innocenza dell'impiegato delle poste. I giudici aquilani, però, ritengono che «il quadro indiziario coeso e appagante», scrivono nella motivazione della condanna, «indica nell'imputato l'autore dell'omicidio di Carlo Pavone» e che «tutte le ipotesi sono state vagliate dagli inquirenti ma tutte, al di fuori di quella percorsa compiutamente provata, si sono rivelate di qualsivoglia consistenza».

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