«Pagati tutti i lavori, non sono tangenti»

D’Intino respinge le accuse e fornisce le fatture: nessun favore alla ditta per gli infissi

PESCARA. «Tutte le forniture per i lavori di ristrutturazione della casa sono state pagate, siamo in attesa di pagare l’ultima perché il fornitore non ci ha ancora fatto avere la documentazione fiscale». Così Franco D’Intino, il funzionario della Asl di Pescara arrestato lunedì scorso per le presunte tangenti nell’appalto per la ristrutturazione del polo materno-infantile, si è difeso ieri davanti al gip Guido Campli, che lo ha ascoltato per circa un’ora nel carcere di San Donato.

Ha respinto tutte le accuse, il responsabile unico del procedimento (rup), al pari di Giacomo Piscitelli, tecnico di fiducia del titolare della Cre Impianti Tecnologici, tutti in carcere con l’accusa di corruzione. I due sono stati ascoltati ieri mattina, nel carcere di San Donato, dal gip Campli, mentre l'imprenditore, recluso a Foggia, sarà ascoltato per rogatoria.
Dunque, si è difeso D’Intino, nessuno scambio tra i lavori per sistemare l’abitazione e i presunti favori alla società appaltatrice delle opere per il reparto di Ostetricia e ginecologia. Per l’accusa, infatti, l’ingegnere avrebbe ricevuto dall'uomo mattonelle e posa in opera per 4.577 euro, lavori di ristrutturazione dell’abitazione di Scafa (in realtà appartenente al fratello) e «altre dazioni non meglio accertate» per un importo di 40 mila euro.

Sarebbero stati la contropartita per avere, tra l’altro, promosso una perizia di variante che portava da 3 a 7 milioni di euro l’importo dei lavori; per avere omesso i controlli sulle quantità contabilizzate all’impresa; per avere affidato direttamente ai privati i lavori per il rifacimento del terzo piano ala due del reparto Maternità; per avere esteso l’appalto alla fornitura di arredi per 150 mila euro.

D’Intino, difeso dall’avvocato Paolo Salce, ha però respinto ogni addebito: «Abbiamo fornito al gip una serie di documenti e siamo pronti a fornire ulteriore documentazione» ha detto il legale al termine dell’interrogatorio di garanzia. «Il materiale trovato in casa è rimasto depositato e rimane inutilizzato finché non sarà fornita la documentazione fiscale: se parte di quel materiale sia passato prima dal cantiere dell’ospedale, D’Intino non può saperlo. Ma certamente non risulta nella contabilità della Asl». In un locale dell’abitazione di D’Intino a Turrivalignani, durante le perquisizioni, sarebbero stati trovati infatti quindici infissi in alluminio che sembrano provenire dal cantiere: sul bancale, infatti, ci sarebbe l’indicazione «piano 3º, ala 3».

«Oggi abbiamo prodotto tutte le fatture, pagate interamente dal fratello, tranne alcune che stiamo pagando a rate» ha spiegato l’avvocato. Solo le mattonelle, quindi, non sarebbero state pagate: «E in questo caso il problema è diverso. Perché la ditta non fa avere la documentazione? Infatti il materiale non è ancora stato usato». Quindi, «nessuna collusione con l’impresa, né con altri». E la lievitazione dell’appalto a 7 milioni?: «D’Intino ha recepito e inviato alla direzione generale le richieste fatte dalla direzione dei lavori, che aveva rilevato carenze iniziali e la necessità di adeguamenti normativi. L’opera, altrimenti, non sarebbe stata collaudabile.

Il ruolo del rup non è sindacare quello che dice la direzione dei lavori: lui ha passato la cosa alla direzione generale, che ha chiesto tutti i chiarimenti e poi ha approvato la delibera. Se poi il manager ha deciso di bloccare i lavori dico che era sua facoltà, ma allora potrei chiedere: perché la direzione generale ha approvato la delibera di variante?».
Ha risposto alle domande del giudice anche Piscitelli, che ha negato ogni responsabilità. Secondo l’accusa, avrebbe avuto un ruolo centrale nella presunta corruzione, corrispondendo a D’Intino, assieme all'imprenditore, i materiali per i lavori, concordando con il funzionario Asl la relazione per l’approvazione della perizia di variante e di fatto redigendo la contabilità dell’appalto che, invece, avrebbe dovuto essere curata dai direttori dei lavori Alfonso Colliva e Damiana Bugiani.

«Il mio cliente è un tecnico e ha spiegato tutto da un punto di vista tecnico, ricostruendo tutti i passaggi» ha detto l’avvocato Giuseppe Cetrullo. «Attraverso la documentazione sequestrata si può dimostrare che le sue affermazioni corrispondono al vero. Quanto alla contabilità, se lui l’ha redatta e poi è stata controllata dal direttore dei lavori come rispondente al vero, va bene comunque. Non c’è alcuna corruzione. Siamo disposti a ogni altra spiegazione».
Per D’Intino e Piscitelli, i difensori hanno già presentato istanza di scarcerazione: il gip, acquisito il parere del pm Gennaro Varone, avrà 48 ore per decidere. Oggi, intanto, saranno ascoltati Colliva e Bugiani, reclusi ai domiciliari.

 

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