Il gruppo di tifosi partiti da Pescara

Panico a Torino: «Un boato, le urla e poi l’inferno» 

Da Pescara, Teramo, Cupello e Casalbordino: i racconti choc dei tifosi abruzzesi che erano in piazza San Carlo per la finale di Champions

PESCARA. C’erano molti abruzzesi in piazza San Carlo. «Ho sentito un boato e la gente che urlava: attenti c'è una bomba! Poi in un attimo mi sono ritrovato a terra e sono rimasto lì per alcuni minuti senza riuscire ad alzarmi per la gente che mi scavalcava o mi pestava. Mi sembrava di sentire rumori di spari e di macchine sui sampietrini. Vedevo delle luci e ho pensato ad un furgone che stava per travolgermi come è successo a Londra. Ero terrorizzato e ho pensato: ora mi sparano o un camion mi viene addosso. Poi un amico mi è cascato sopra. Insieme ci siano rialzati e siamo scappati citofonando d'istinto a tutti i condomini. Ci hanno aperto e io sono entrato in un portone». E' il racconto di Luigi Petricola, studente pescarese di vent'anni che studia ingegneria a Torino, arrivato sabato in piazza San Carlo come tanti per vedere sul maxi-schermo la finale di Champions League tra la squadra del cuore, la Juventus, e il Real Madrid. «C'era sangue dappertutto: per terra, sulle t-shirt, sui volti delle persone. Gente che urlava, che correva a piedi scalzi sui vetri delle bottiglie sparsi, ragazze che piangevano dalla paura».

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Così raccontano due ragazzi dell'ultimo anno del Classico di Pescara, Paolo e Alessandro: «Noi abbiamo solo qualche graffio o contusione mentre ad un nostro amico si è conficcato un pezzo di vetro nella gamba e gli hanno messo dei punti di sutura. Quando siamo ritornati in piazza c'erano scarpe e vestiti sparsi ovunque oltre a cocci di bottiglie. Molti cercavano zaini e cellulari persi nella fuga, ma quasi nessuno ha ritrovato il suo anche a causa di sciacalli in azione».
Simone Troiano è invece un giovane avvocato di Casalbordino allenatore delle squadre di calcio giovanile, mentre Lucio Moro è uno studente di Cupello. «Ho avuto paura di soffocare», racconta Simone. «Ero in prima fila a pochi metri dal palco della stampa. Ho visto un'onda umana piombarmi addosso. Non riuscivo più a respirare. Sono finito per terra. Gattonando sono riuscito a raggiungere un varco. La polizia ha dirottato me ed altre persone verso un bar. Siamo rimasti al buio nel bar per 40 minuti con le saracinesche abbassate. Poi ci hanno fatto uscire. Fuori c'erano bambini in lacrime che non trovavano più i genitori, gente semi svestita e sanguinante. Un inferno». Panico anche per Lucio Moro, studente del Politecnico di Torino: «E' successo tutto all'improvviso. Ho sentito il rumore della ringhiera di metallo che cadeva, ma non l'ho vista», racconta al Centro, «ho iniziato a sentire gente urlare e girandomi alla mia sinistra ho visto una marea di persone che scappava impaurita. Contro di me è finita un’ondata di gente che spingeva. Sono caduto, ho perso una scarpa e non vedevo più l'amico che era con me. Cadendo ho preso un colpo alla schiena e mi sono ferito al ginocchio, ma sono stato fortunato. Ho raggiunto un angolo tranquillo ed ho subito chiamato mio padre per rassicurarlo».
Anche da Teramo arrivano testimonianze choc. Come quella di Graziella Cordone, infermiera teramana candidata sindaco alle ultime elezioni comunali. Era a Torino con la famiglia e alcuni amici. Con loro cinque bambini. Sono salvi e possono raccontare il pericolo scampato. (d.p.-p.c.)