«Pescara, culla di civiltà antiche»

Di Biase rivela la storia della città: dall'epoca dei Vestini ai nostri giorni

PESCARA. «Pescara è nuova, Pescara è geometrica. Pescara è rigorosamente estroversa, Pescara è danarosa, Pescara non guarda le montagne, Pescara non ha storia. Sembra aver cancellato i secoli che l'hanno preceduta; ha dimenticato i Romani, i Peligni, ha snobbato i Bizantini, ha chiuso la porta in faccia ai Longobardi, si è defilata nei secoli dei Normanni, degli Aragonesi, ha fatto gran baruffa con i Turchi, non è una città nostalgica». Con queste parole Giorgio Manganelli, nel 1987, illustra il capoluogo adriatico: una fotografia che porta il giornalista a dire che «Pescara non ha rughe».

Per cercare di sfatare il luogo comune di città giovane e senza identità, Licio Di Biase, politico, storico, romanziere e saggista, attuale presidente del consiglio comunale di Pescara, si lancia alla ricerca delle tracce del passato. Passo dopo passo scopre documenti dimenticati, mette insieme frammenti incompleti e, alla fine di un lavoro durato 15 anni, riesce a comporre un quadro globale. Come tessere di un mosaico variegato e composito, vengono alla luce i caratteri peculiari della città adriatica, dagli albori fino al Ventesimo secolo. La conclusione dello studioso è affidata al volume «La grande storia, Pescara-Castellamare dalle origini al Ventesimo secolo».

La prospettiva è ribaltata. «Non è vero che Pescara non ha storia, ha una grande storia», dice. Nell'ambito dell'ultimo appuntamento della rassegna «Giovedì è cultura», organizzata dall'associazione Il Parco di Roberto Falone e ospitata nel parco dei Gesuiti della parrocchia Cristo Re, Licio Di Biase ha allietato il pubblico in sala con la narrazione delle vicende che hanno contraddistinto il passato di Pescara. Ripercorrere le tappe più significative di tremila anni di storia locale vuol dire addentrarsi tra le pieghe del racconto, scandagliare uno per volta gli avvenimenti lontani per poi fermarsi ad analizzare i cosiddetti punti identitari.  «Pur essendo una città piccola di 120mila abitanti, Pescara ha otto luoghi caratterizzati da una genesi e uno sviluppo autonomo rispetto agli altri», prosegue Di Biase. Su una cartina sono segnati gli otto luoghi simbolo: la zona collinare, l'area pianeggiante, il borgo marino, il centro storico, la pineta, Villa del Fuoco, Fontanelle e San Silvestro. 

La narrazione parte dal punto nevralgico del territorio abruzzese: il fiume Aterno, spartiacque geografico e amministrativo tra la zona meridionale e quella settentrionale. «Dopo il VI-V secolo avanti Cristo, a nord è attestata la presenza dei Vestini, dei Pretuzzi e dei Piceni, mentre a sud vi erano i Marrucini e, più giù, i Frentani», rivela lo storico. «Quando Carlo Magno, nella notte di Natale dell '800, è incoronato imperatore del Sacro Romano impero, il regno si estendeva fino all'Aterno. La divisione in due del territorio si stabilizza tra il 1300 e il 1400, quando compare la netta demarcazione tra Abruzzo citra (dall'Aterno al Trigno, corrispondente all'incirca all'attuale provincia di Chieti) e Abruzzo ultra (dall'Aterno al Tronto)». 

I secoli di storia sono scanditi dalle melodie del gruppo dei Vestini. La cornamusa, il tamburello e l'organetto segnano il passaggio dall'epoca romana, caratterizzata dalla costruzione della Tiburtina Valeria e del ponte marmoreo, alla caduta dell'impero e agli scontri tra Longobardi e Bizantini. Le musiche si intensificano con gli Angioini e gli Aragonesi, a partire dagli anni della costruzione della piazzaforte che costringe i pescaresi a stretto contatto con i soldati, fino alla smilitarizzazione negli anni dell'unità d'Italia. «Il rilancio della città è accompagnato dalla costruzione di una serie di opere simboliche, tutte nel 1910», spiega Licio Di Biase, «il teatro Michetti, l'acquedotto, la fontana dell'attuale piazza Alessandrini, il Kursaal e la posa della prima pietra per i lavori del molo».

Cambiano i luoghi identitari di Pescara, si passa dalle dune e dalla distesa di piante di mirto e liquirizie a una città moderna. Attorno al Kursaal si sviluppa la pineta, quando l'ex ritrovo mondano viene acquistato dalla famiglia Pomilio e trasformato in distilleria. La vicinanza tra le zone, ancora divise, di Pescara e Castellamare, fa pensare a una riunificazione. «Il processo si mette in moto in piena epoca fascista», conclude Di Biase, «sotto la spinta di Gabriele D'Annunzio che intercede presso il Duce. Nel novembre del 1926 viene decretata la riunificazione sotto il nome di Aterno, ma un mese dopo, il 6 dicembre 1926, il documento ufficiale riporta il nome Pescara».

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