Pescara, sequestrati i bar del riciclaggioIl pm: "Gli indagati sono legati a un clan"

Cessioni di quote societarie con una famiglia della faida garganica

PESCARA. La famiglia Granatiero approda in città nel 2002 da Manfredonia. Costituisce una società, la "Ad Maiora", e acquista il Bar delle Poste. Da allora è tutto un crescendo. I locali acquisiti si moltiplicano. In meno di dieci anni i Granatiero si impongono sul mercato della ristorazione veloce. Ma per gli investigatori dietro questa crescita esponenziale ci sono i legami con un'altra famiglia pugliese.

I capitali investiti in città deriverebbero da attività illecite della famiglia Romito, indicata come un clan protagonista della faida del Gargano che nel 2009 portò ad una serie di omicidi tra le montagne nei pressi di Manfredonia. Il capostipite della famiglia, Franco Romito, accusato di associazione mafiosa in un maxiprocesso nel 2004, viene prosciolto perché collaboratore di giustizia. Il 27 giugno 2010, a Manfredonia, viene ucciso nella sua auto, a colpi di arma da fuoco, Michele Romito, 23 anni. Il giovane era in compagnia dello zio Mario Luciano Romito, 44 anni, ferito lievemente. Sull'asfalto i carabinieri trovano i bossoli di un fucile calibro 12 e di un kalashnikov. Michele Romito era il figlio di Franco, l'allevatore 43enne ucciso in un agguato a Siponto nell'aprile del 2009 insieme al suo autista Giuseppe Trotta.

Nell'agguato, i tre killer spararono più di 40 colpi di mitra. Le due vittime, a bordo di un'auto guidata da Trotta, erano dirette nel maneggio con annessa pista kart dei Romito. Nel settembre del 2009, Mario Luciano era stato già bersaglio di un attentato esplosivo con un ordigno rudimentale piazzato all'interno della sua auto.

Il nome dei Romito si intreccia nelle cronache giudiziarie a quello dei Libergolis, un clan di spicco del Gargano.

L'uccisione di Franco Romito è da collegare alla sua collaborazione con i carabinieri nelle indagini che poi di fatto hanno portato alle condanne per mafia della famiglia Libergolis, un tempo alleata dei Romito.

Coinvolto con gli altri nel maxiprocesso alla mafia garganica, Franco Romito, solo una decina di mesi prima di essere ucciso era stato assolto da accuse pesanti: associazione mafiosa, traffico di droga, duplice omicidio. Fu provato che aveva collaborato con i carabinieri.

Il rapporto tra i Granatiero e i Romito venne esaminato dal tribunale di Foggia nel 2003. Il giudice in quell'occasione ritenne che non c'erano provati collegamenti economici tra i due gruppi familiari. Nel 2002 i Granatiero avevano ceduto le quote della società "Frullati di Frutta" alla moglie di Mario Luciano Romito. E nel novembre dello stesso anno cedevano le quote di un'altra società "Centralbar" al figlio di Michele Antonio Romito, fratello di Franco.

Secondo gli inquirenti i fratelli Granatiero, Sebastiano, Pasquale e Rita Lucia, tra gli altri, avrebbero messo in atto con i Romito «condotte estranee a qualsiasi logica commerciale che si spiegano solo presupponendo che i Romito e i Granatiero abbiano un interesse comune diverso e più ampio di quello che risulta dai contratti commerciali stipulati».

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