Pm: Caffè Venezia, false fatture per un milione

L'accusa: operazioni inesistenti nei locali della famiglia pugliese Granatiero

PESCARA. Nella gestione finanziaria della famiglia Grantiero, titolare dei Caffè Venezia nell'omonima via e in viale Regina Margherita, gli investigatori - Guardia di finanza e Squadra Mobile - starebbero lavorando anche a un giro di fatture da un milione di euro emesse per operazioni inesistenti. Una gestione economica che sarebbe stata riferita anche da alcune testimonianze.
Una settimana fa, i locali Caffè Venezia di Pasquale e Sebastiano Michele Granatiero sono stati sequestrati con un blitz all'alba. I titolari, più altre cinque persone, sono indagati per riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. A lasciare perplessi gli inquirenti, fin dall'inizio delle indagini di oltre tre anni fa, sarebbe stata proprio quell'espansione economica ritenuta fulminea e, inoltre, in una città nuova e poco conosciuta dalla famiglia.
Ci sarebbe una rete di collaboratori che avrebbe sostenuto l'ingresso in città della famiglia Granatiero, persone di fiducia da cui i pugliesi avrebbero ricevuto sostegno. Tra queste, un uomo chiamato "il professore" che avrebbe fatto ai pugliesi da cicerone in città, un imprenditore con interessi anche fuori Abruzzo, due poliziotti, di cui uno di origini pugliesi, e un vigile urbano. I tre agenti avrebbero informato la famiglia su imminenti controlli, gli avrebbero passato informazioni e le loro posizioni sono ancora al vaglio del pm Gennaro Varone. Ma gli investigatori stanno lavorando anche a un giro di fatture per operazioni inesistenti per un milione di euro che, per l'accusa, chiamerebbero in causa il rapporto con un imprenditore. La gestione economica dei locali, come il sostegno offerto dagli agenti, sarebbe stata tirata in ballo dall'ex moglie di Pasquale Granatiero, Ilaria De Iure che è estranea all'inchiesta. Sarebbe stata la donna a spiegare agli investigatori, il 12 aprile 2010, la nascita del Caffè Venezia in piazza Salotto dicendo: «Nel 2007, si è presentata l'occasione di poter effettuare una nuova apertura in centro. Contestualmente, Pasquale pensò di creare una nuova società che gestisse l'attività commerciale, la Silvia Srl, al solo fine di accollarsi, senza pagare, i costi del personale e vari debiti erariali. Tutti gli incassi della Silvia Srl venivano girati, all'inizio in denaro contante, poi tramite assegni circolari, tutti al Caffè Venezia. Contabilmente, tali operazioni venivano giustificate tramite l'emissione di fatture aventi per oggetto la fornitura di cornetti, vino e prodotti di pasticceria, quasi tutte senza alcuna giustificazione reale. Infatti non esisteva documentazione di supporto alle stesse. In sintesi, l'importo determinato dall'emissione della fattura derivava non dalla reale fornitura dei prodotti ma dal pareggio contabile. Ho avuto l'impressione che a Pasquale non interessasse la gestione economica di ogni attività commerciale nel senso che lui creava costi, aumentava debiti finanziari e sposatava la liquidità tra una società all'altra in modo irrazionale». (p.au.)

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