QUESTIONE AQUILANA E QUESTIONE ROMANA

Siccome non mi considero un ipocrita e nella vita faccio il giornalista, voglio scandire qui ad alta voce quello che da tempo sento sussurrare in giro per l’Abruzzo (e non solo): «L’Aquila non si rialza perché gli aquilani non sanno farsi aiutare». O, ancora più grave, «non hanno l’umiltà di farsi aiutare». Non so quanto di vero ci sia in tutto questo, né posso arrogarmi un giudizio vivendo a cento chilometri di distanza. Sfoglio ogni mattina le cronache aquilane del “Centro” e leggo di polemiche, di ripicche, di caratteri malmostosi che spesso antepongono il proprio ego al “noi” che sarebbe indispensabile. Forse è anche vero che L’Aquila non ha mai avuto un buon rapporto con il resto della regione: in fin dei conti parliamo di una città che era carica di storia quando gran parte dei centri abruzzesi esisteva appena. Vorrei che fossero gli aquilani a dirmi che cosa pensano di questa accusa, velenosa proprio perché velata.

Ma non è questo il punto. Il nodo centrale è la perenne incertezza su quanti quattrini saranno disponibili nei prossimi anni per potere programmare che cosa ricostruire. Leggo di nuove iniziative clamorose, di consigli di guerra in cui ci si divide tra chi vorrebbe incatenarsi davanti ai palazzi romani e chi invece considera questi gesti inutili sceneggiate, capaci solo di irritare i mandarini ministeriali presso cui andrebbe fatta una lobby furba e discreta. E’ un dibattito umiliante. Questa eterna precarietà fa solo sprecare soldi e finisce per dare un alibi anche a chi non fa quel poco che si potrebbe realizzare con le risorse disponibili. Da italiano, non aquilano, dico: basta con le emergenze, facciamo un programma chiaro per uscirne una volta per tutte, dando alla città risorse certe per almeno cinque anni, lasciandola poi al suo destino se avrà dimostrato di non saperne fare un buon uso. Come? Mettendo in tutt’Italia un’imposta straordinaria sulla benzina, che scada automaticamente a fine 2018. Basterebbe un centesimo, o giù di lì, un sacrificio quasi irrilevante per gli automobilisti, una certezza per la ricostruzione.

Tutti i parlamentari abruzzesi, senza distinzione di partito, dovrebbero firmare una proposta di legge fatta di un solo articolo, per poi andare in aula e guardare in faccia deputati e senatori e vedere chi ha il coraggio di abbandonare una città martoriata. Il mio timore è che di tempo non ce ne sia più: i giovani (e non solo loro) se ne stanno andando, stanchi di vedere un centro storico tra i più belli d’ Europa pieno solo di macerie e di transenne. Sarebbe una beffa terribile arrivare a ricostruire L’Aquila quando non ci saranno più gli aquilani. So che molti sogghigneranno alla mia proposta, considerandola troppo ingenua. Ma è di semplicità che ha voglia questo Paese, fiaccato da chi ingarbuglia tutto solo per arricchirsi. Buona domenica.

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