Rigopiano, la Provincia si difende «È stato un evento imprevedibile»

26 Gennaio 2023

L’avvocato dell’ex presidente Di Marco: «Guidava un Ente in disarmo, non aveva nessun potere» E per il dirigente D’Incecco parlano due legali: «Fece tutto il possibile pur stando a casa in malattia» 

PESCARA. Le difese dell’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco, e dell’ex dirigente dello stesso Ente, Paolo D’Incecco, hanno tenuto impegnata l’aula del tribunale dove si celebra il processo per la sciagura di Rigopiano per tutta la giornata di ieri, per discutere le posizioni dei due imputati per i quali la pubblica accusa (il procuratore Giuseppe Bellelli e i sostituti Andrea Papalia e Anna Benigni) ha chiesto rispettivamente 6 e 10 anni di reclusione. Due ore e mezza è durato l’intervento dell'avvocato Marco Spagnuolo, tre ore quello del collega Gianfranco Iadecola.
DI MARCO, NESSUN POTERE
«Il presidente Di Marco», ha detto Spagnuolo, «non ha una posizione di garanzia sotto nessun profilo normativo. Guidava ormai un Ente in disarmo ed è l’unico soggetto politico rimasto coinvolto in questa vicenda: è completamente estraneo ad ogni contestazione proprio per il suo ruolo politico. Non era dotato di alcun potere di amministrazione attiva». Insomma, per i suoi difensori (Spagnuolo e La Morgia che concluderà il suo intervento oggi), Di Marco non dovrebbe neppure trovarsi in quella posizione di imputato. Ma quando Spagnuolo ha poi cominciato a trattare la questione dell’unica strada che porta all’hotel rimasta bloccata, in aula si è alzato un forte brusio di disappunto da parte di alcuni familiari delle vittime, subito stroncato dall’intervento del gup Gianluca Sarandrea che ha il compito di decidere sul destino dei 30 imputati che hanno chiesto il rito abbreviato.
D’INCECCO, FATTO IL POSSIBILE
Quanto alla posizione del dirigente D’Incecco, Spagnuolo ha detto che lo stesso, «come responsabile ultimo del servizio viabilità, nonostante l’Ente fosse totalmente in disarmo, fece tutto ciò che poteva fare, sia come dirigente sia come cittadino che, pur stando a casa in malattia, ha provato persino a prendere informazioni e sollecitare, dove ha potuto, quelle che potevano essere delle ipotesi risolutive. La richiesta di giustizia è sacrosanta», ha aggiunto il legale, «ma abbiamo detto come il filo conduttore dell’intera vicenda sia quello di valutare effettivamente, caso per caso, quali sono i profili di responsabilità e non tanto se ci sia un colpevole». «Ho cercato», ha detto poi a margine dell’udienza, «di circoscrivere il mio intervento a quelli che sono i dati tecnico-processuali acquisiti all’indagine, cercando di valorizzarli in un’ottica totalmente oggettiva: effettivamente non avevamo elementi in ordine al fatto che quell’hotel potesse generare profili di pericolo di qualsivoglia sorta, e questo è un dato indiscutibile».
IL SENNO DI POI Ha parlato anche di «pregiudizio del senno di poi» quando, cioè, «al verificarsi di un evento catastrofico come quello di Rigopiano, è umano cercare di trovare soluzioni ponendosi a valle dell’evento, non già a monte, mentre sappiamo bene che la valutazione giuridica e la possibilità di valutare correttamente le cause dell’evento vanno esaminate ponendosi in una posizione ex ante». Il codifensore Iadecola ha affrontato punti chiave: «Come difensori di D’Incecco riteniamo di non condividere le conclusioni della pubblica accusa sia riguardo alla sua posizione di garanzia, sia per l’elemento della colpa e la sussistenza della correlazione causale tra condotta che gli viene ascritta ed eventi verificati. La logica del senno di poi è fortemente condizionante, perché si giova dell’accadimento e ritiene che ogni evento sia prevedibile ed evitabile, traducendo ciò che si sarebbe dovuto fare in cosa si è fatto: principio che non ha diritto di cittadinanza nel diritto penale, perché valorizza la prevedibilità in astratto, tralasciando la prevedibilità in concreto».
COMPITI PASSATI ALLA REGIONE Parla della posizione di garanzia e della responsabilità operativa del soggetto che deve comunque avere i mezzi per la operatività. «La percezione del rischio è la condizione “sine qua non” della posizione di garanzia. Bisogna verificare se a D’Incecco, nella sua posizione, si possa attribuire la posizione di soggetto garante o gestore del rischio e se doveva preoccuparsi della prevenzione di tali eventi». E la risposta, rimarca l’avvocato, è no, perché «D'Incecco non ha mai svolto compiti di Protezione civile in Provincia, peraltro passati alla Regione dal 2015. E allora parliamo di accuse fondate su presupposti inesistenti». Iadecola ha poi parlato della prevedibilità dell’evento che «agisce come fattore ridimensionante dell’eventuale responsabilità», e discusso del nesso causale tra condotta omissiva ed evento, altro argomento su cui si gioca tutto il processo.
GLI ALTRI IMPUTATI
Hanno chiuso la giornata gli avvocati Placido Pelliccia e Fiorenzo Cieri per il responsabile della viabilità provinciale, Mauro Di Blasio; gli avvocati Franco Colucci e Mario Petrella per Vincenzo Antenucci, e poi l’avvocatessa Ester Molinaro per Salvatore Angieri, vice Prefetto per il quale la procura ha chiesto l’assoluzione.
IL PROGRAMMA DI OGGI
Oggi si prosegue con le difese di Augusto La Morgia, codifensore del presidente Antonio Di Marco; Vincenzo Di Girolamo per Giulio Honorati e Massimiliano Giancaterino; con Raffaella De Vico che difende il fratello, ex sindaco di Farindola, Antonio De Vico; e Pietro Cesaroni per Luciano Sbaraglia.