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15 ottobre

15 Ottobre 2025

Oggi, ma nel 1875, a Denver, nell’edificio al civico 634 di Lawrence Street, occupato dall'italo-americano Giuseppe Pecorra e famiglia, alle 13.30, la banda di nove emigrati dal Belpaese capeggiata da Filomeno Gallotti, stagnino, che in realtà si chiamava Giovanni Conti, sgozzava la combriccola capitanata dal già menzionato Pecorra, chiamato “Zio Joe”, e composta anche dai due figliocci, Giovanni e Giuseppe, e dal nipotastro Luigi, tutti suonatori ambulanti ed arrotini che in realtà non avevano legami di parentela col Pecorra, ma erano stati rapiti da piccoli e costretti a mendicare. Poi i sicari bevevano il sangue dei malcapitati come per adempiere ad un truculento rituale di disprezzo. Quindi rubavano 1400 dollari alle vittime, tra banconote e oro. Gallotti era conosciuto da tutti come criminale senza scrupoli fuggito dalla Penisola per evitare l’ergastolo per pregressi fatti di sangue. Tra gli assassini solo l’Anatta rimaneva ferito, alla mano destra, perché nello sferrare un fendente la lama si richiudeva colpendo la testa di uno degli avversari e a lui procurava un taglio all’altezza dell’attaccatura delle dita. I cadaveri verranno scoperti il 22 ottobre successivo nello scantinato dell’edificio. L’episodio passera alla storia come “il massacro degli italiani” e sulle loro tracce ci sarà il segugio David Cook, originario di La Porte, nell’Indiana, classe 1840, che poi racconterà l’impresa, insieme ad altre della sua carriera durata 35 anni, nell’autobiografia “Mani in alto”, che nel 1882, per Robinson Printing di Denver, darà alle stampe insieme al giornalista Thomas Dawson, direttore del Denver Times. Verranno presi 21 giorni dopo il quadruplice omicidio a Trinidad, sempre in Colorado, e a Taos, nel New Mexico (nella foto, particolare, nello scatto proveniente dalla collezione della Denver public library, nella sezione collezioni speciali ed archivio, immortalato il già menzionato Gallotti, indicato dalla freccia, insieme a Leonardo Deodato, Michele Ballotti, Giuseppe Campigne, Frank Valentine, Henry Fernandez, che non era proveniente dallo Stivale, ma era messicano, John Anatta, Leonardo Alessandri, che aveva appena 16 anni). Nel maggio dell’anno successivo, 1876, Gallotti, Bellotti e Valentine, sempre a Denver, verranno condannati ai lavori forzati a vita. Campigne, Anetta e Alessandri, invece, verranno destinati a 10 anni di carcere.