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14 ottobre

14 Ottobre 2025

Oggi, ma nel 1935, ad Adua, occupata il 6 ottobre precedente, il generale Emilio De Bono, governatore dell’Eritrea nonché Commissario dell’Africa orientale italiana e quindi comandante in capo di tutte le truppe invadenti, dichiarava fuori legge lo schiavismo nella regione del Tigrè. Vi era scritto: «Genti del Tigrè udite. Voi sapete che dove sventola la bandiera d’Italia ivi è la libertà. Perciò nel vostro Paese la schiavitù, sotto qualunque forma, è soppressa. Gli schiavi che sono attualmente nel Tigrè sono liberi ed è vietata la compera e la vendita degli schiavi. Chi contravverrà alle disposizioni del presente bando sarà severamente punito siccome trasgressore agli ordini del Governo». Con tale provvedimento, bando tradotto anche in amarico, necessario dal punto di vista diplomatico, infatti, il governo mussoliniano tentava di giustificare al cospetto della Società delle nazioni l’aggressione armata verso il regno degli etiopi cominciata il 3 ottobre precedente, attraversando il fiume Mareb dall’Eritrea. Avviata dal fascismo con dispiegamento di uomini e di mezzi senza precedenti dopo col pretesto del famigerato incidente di Ual Ual e con chiaro intento propagandistico. E che terminerà, con la vittoria delle truppe del Belpaese, il 5 maggio 1936 e l’annessione di quanto fino ad allora amministrato dal negus Hailé Selassié. Ma a livello internazionale le riprovazioni sul comportamento del Duce erano ugualmente notevoli. Anche perché era ben chiaro che lo scontro violasse l’articolo XVI della Società delle nazioni. E che fosse avvenuto in modo impari, con l’ausilio di espedienti anche vietati, come i gas mostarda -tra l’altro prodotti anche nello stabilimento chimico pescarese di Bussi sul Tirino- e contro un esercito, quello etiope, piuttosto primitivo e mal equipaggiato. E il 14 novembre la Società delle nazioni comminerà sanzioni economiche all’esecutivo di Roma. Penalità che però saranno ritirate il 14 luglio 1936 senza aver causato troppi problemi al figlio del fabbro di Predappio. Ma l’abolizione della schiavitù non comporterà chissà quale amalgamazione tra i locali e gli italiani, anche quando la colonia sarà popolata da bianchi provenienti dalla Penisola perdurerà l’amministrazione in regime di apartheid con rigorosa separazione razziale.